Flavio Favelli immagina l’Afghanistan. A Milano
Galleria Francesca Minini, Milano – fino al 2 novembre 2019. La mostra “Afgacolor” prende il titolo da un’opera cammeo: un neon ottenuto attraverso un rovesciamento fonetico all’interno della vecchia insegna-logo della storica marca di rullini fotografici. Ed è subito suono di Afghanistan.
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Tessere una narrazione visiva intitolata a un Paese nel quale non si è mai viaggiato è un esercizio di stile: Flavio Favelli (Firenze, 1967) lo fa in Afgacolor, la mostra personale in corso alla galleria Francesca Minini di Milano. Paese vessato da una storia di guerre e invasioni – russa, talebana e americana –, l’Afghanistan diviene il soggetto di una documentazione per immagini in cui l’artista combina gli oggetti di un linguaggio personale – neon, assemblaggi e collage di specchi, francobolli e tappeti persiani, un environment muto e impenetrabile che evoca la ka’aba islamica – alla pittura intesa come riproduzione su tavola di simboli preesistenti: il logo dell’Ariana, la compagnia aerea afgana, e quello dell’Hotel Intercontinental di Kabul, la copia di un passaporto e il nero della bandiera ufficiale in uso nel Paese alla fine dell’Ottocento. Nelle opere iconoclaste di Favelli emerge, per frammenti e crasi, la memoria di paesaggi desertici e in rovina oltre che un’occasione per incontrare, di sbieco, nelle trame di colore rosso e nero degli arazzi appesi alle pareti, anche Alighiero Boetti.
‒ Giusi Affronti
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