La santificazione del controllo sociale. Nuova trilogia video di Yuri Ancarani a Rivoli
Castello di Rivoli – fino al 10 novembre 2019. San Vittore, San Siro e San Giorgio: sono loro i protagonisti della trilogia video esposta da Yuri Ancarani al Castello di Rivoli.
Pochi artisti come Yuri Ancarani (Ravenna, 1972) hanno saputo restituire il carattere a un tempo epico e straniato del nostro presente postmoderno, tecnologico, industriale, senza retorica né compiacimento, con rigore formale e coerenza di assunti. Lo fa mantenendosi fedele a un obiettivo di ricerca, anziché di prodotto, e all’attenzione verso territori insoliti del reale, nei quali si addentra come presenza invisibile.
Dopo la presentazione alla Kunsthalle Basel, l’ultima rassegna dedicata al videomaker è ospitata al Castello di Rivoli, ma si concentra sulla presentazione di San Vittore (2018, vincitore della II edizione del bando Italian Council), accompagnato in una nuova trilogia dal già noto e premiato San Siro (2014) e dal progetto inedito, ancora in fieri ma già visibile, San Giorgio (2019). Un moderno trittico d’altare che non stona con il carattere solenne che spesso si avverte nei lavori di Ancarani, tuttavia qui i santi non fanno miracoli ma consacrano tre luoghi-sistemi del controllo sociale: il carcere, lo stadio e la banca.
SAN VITTORE
Il carcere milanese di San Vittore è trasfigurato in un castello incantato nei disegni dei bambini, figli di detenuti, che grazie all’associazione Bambinisenzasbarre vengono aiutati a gestire emotivamente il trauma delle procedure di incontro con i genitori. Ancarani segue il percorso continuo, dilatato e senza meta di una guardia e di un bambino, attraverso quel linguaggio sineddotico che è sua cifra stilistica: le inquadrature costruiscono la scena a partire da dettagli, parti, gesti ripetuti e privi di volto, che in questo caso amplificano lo stridore tra la fragilità, la tenerezza e la forza rigida, spersonalizzata dello Stato. L’individuo è non solo oppresso ma soggiogato dal terrore nei confronti di un’autorità schiacciante cui ha consegnato la propria libertà, in cambio della sicurezza sociale. Lo diceva già Thomas Hobbes, come ha ricordato Carlo Ginzburg in una recente rilettura del Leviatano (Carlo Ginzburg, Rileggere Hobbes oggi, in Id., Paura, reverenza, terrore. Cinque saggi di iconografia politica, Adelphi, Milano 2015).
SAN SIRO
Incute soggezione e timore anche San Siro, la cui architettura assume un aspetto inquieto, fantascientifico, tra post-apocalittico ed espressionista, tanto che i tifosi sembrano affluire alle tribune come gli operai in una fabbrica di Metropolis. Anche qui è la parte per il tutto; la precisione metodica dei gesti del lavoro; la consuetudine con operazioni che, da banali e ripetitive, diventano magnetiche; la composizione astratta e rigorosa; l’incombere degli spazi brutalisti. Come santi in processione, arrivano infine i giocatori.
SAN GIORGIO
Dopo l’intrattenimento e la pena, a completare la triade c’è il controllo economico-finanziario. Al sistema-architettura della banca è infatti dedicato San Giorgio. Ancarani entra nelle segrete di un caveau, dove l’oro dei lingotti fa da contrappunto a spazi algidi e controllati. Qui, ingranaggi ordinati e perfetti lavorano per distruggere documenti. L’efficienza del sistema è al servizio dell’assurdo? La questione dunque non è solo che la violenza generi altra violenza: anche l’eccesso di razionalità conduce alla follia, alla perdita del senso e alla solitudine, come afferma ad esempio Peter Eisenman nel suo Memoriale per gli ebrei assassinati d’Europa, a Berlino.
‒ Emanuela Termine
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