Conquistando luce (IV)
“Questa epoca richiede maturità e/o sconsideratezza”. Il nuovo capitolo della serie di Christian Caliandro dedicato all’epoca e alle forme artistiche attuali.
Esistono opere che semplicemente seguono il flusso, i gusti e i caratteri della propria epoca. Esistono anche opere che si adattano così bene al contesto a cui appartengono e ne capiscono a tal punto il funzionamento da spiccare, perché esprimono magari meglio e più chiaramente di altre le intenzioni del proprio tempo.
… e poi esistono opere che creano, quasi dal nulla (out of nowhere) il proprio contesto, perturbando e sconvolgendo la situazione in cui appaiono, opere che generano da sole un intero gusto, e che causano direttamente la fioritura di altre opere simili, o dissimili. Chiamiamo di solito queste opere “capolavori”. A me, di fatto, interessano solo queste ultime.
E niente, il DNA non è acqua fresca: il patrimonio genetico regola non solo nasi capelli cazzi fighe occhi, ma anche e soprattutto comportamenti, scelte, atteggiamenti, visioni del mondo, modi di stare al mondo, interpretazioni, organizzazioni, emozioni, risposte emotive razionali e irrazionali agli stimoli esterni, modalità di gestione dei traumi e delle emergenze, risposte al fallimento al successo alle sfide e agli imprevisti.
Le generazioni trascinano, decennio dopo decennio, disfunzionalità gravi e vistosi difetti strutturali, ingrandendoli, incancrenendoli, rimuovendoli al massimo e mai esorcizzandoli a fondo, ma lasciandoli lì nelle zone oscure e sempre attive, come lava che si agita sotterraneamente, pronta a balzare fuori e a colare via, a fare danni… I danni veri sono quelli che non si vedono. Sono quelli nascosti, quelli sommersi, e così, alcuni parenti – gli IPOCRITI, cioè quasi tutti – preferiscono giocare (sporco) al gioco dell’“io sono corretto, io sono perfetto”, “io so che cosa c’è da fare, come si fa”, e “io so che tu non vai bene, che non sei capace”, al gioco del giudizio, invece di astenersi e di capire che tutti hanno i cazzi loro. Alcuni impegni invece appaiono nettamente e magicamente più “impegnativi” di altri, e se non stai attento a strappare la tua indipendenza con le unghie e con i denti sei fritto.
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“Io oggi credo di poter dire una cosa molto precisa: ognuna delle mie svolte è stata un ritorno alle origini, alla mia infanzia” (Maria Lai).
“Il filo unisce, come si unisce parlando o guardando. Niente è fisicamente trasformato. (…) Esplorazione – non presa di possesso; perché il filo si può sfilare, e tagliare” (idem).
Un’opera come un filo che cuce e che unisce senza cambiare gli elementi – un’opera come una linea di colore nel buio e nell’oscurità, colore acceso azzurro arancione giallo – un filo come rumore, come un drone – un’opera come una pausa, un silenzio, uno spazio vuoto tra un oggetto e l’altro – un’opera come una conoscenza tra due persone, una relazione che nasce e che s’instaura ma che ha bisogno di TEMPO per crescere e consolidarsi, ha bisogno di parole e di storie e di sguardi ‒
(Modello: la musica dei Planning for Burial, The Body, Sunn O))), How to Disappear Completely, Have a Nice Life.)
‒ allargare a dismisura gli spazi, gli intervalli, la melodia, il rumore; dilatare le pause; annullare il racconto e la narrazione, trovare/scoprire/inventare ogni volta un modo nuovo di raccontare. Immergersi lentamente in mondi alternativi. Metafisica e mistica del rumore.
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Questa epoca richiede maturità e/o sconsideratezza.
“Si tratta, in fondo, proprio di mescolanze. Le anime si confondono con le cose; le cose si confondono con le anime. Le vite si mescolano tra loro ed ecco come le persone e le cose, confuse insieme, escono ciascuna dalla propria sfera e si confondono: il che non è altro che il contratto e lo scambio” (Marcel Mauss, Saggio sul dono, Einaudi 2002, p. 32).
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Due sono i problemi principali (tra loro ovviamente interconnessi) che affliggono la cultura di oggi, italiana e internazionale: la versione assessorile e ministeriale della “programmazione artistica e culturale”, una forma mentis insopportabile e assolutamente dannosa, in grado di prosciugare l’energia creativa di un individuo e di una comunità; e la tendenza a sovrapporre cultura e turismo, come se fossero la stessa cosa e anzi come se la funzione pressoché unica dei processi culturali fosse quella di favorire, sostenere e coadiuvare il “turismo” e il suo “indotto” (!).
‒ Christian Caliandro
LE PUNTATE PRECEDENTI
Conquistando luce (I)
Conquistando luce (II)
Conquistando luce (III)
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