Senza titolo con didascalia. Antonio Guiotto a Bassano del Grappa
Musei Civici di Bassano del Grappa – fino al 9 dicembre 2019. La mostra di Antonio Guiotto a Bassano gioca con i meccanismi espositivi. Ricalibrando anche la dialettica artista-curatore.
Fuori dai Musei il primo sguardo si sofferma sulla cover della mostra e precisamente sul Senza (titolo) che somiglia un po’ all’iniziare un discorso tacendo. Proprio perché non ha nessun titolo a cui aggrapparsi, il visitatore sceglie di entrare. Fatto che, a suo modo, è già un atto di coraggio. Occorre tra l’altro considerare che il biglietto di ingresso riporta una clausola: “Si prega di non guardare la Testa di Medusa direttamente, perché in caso un visitatore si dovesse trasformare in pietra, il museo declina ogni responsabilità…”
Già con la precedente mostra Senza tema a Mestre (altro titolo volutamente negato) il curatore Daniele Capra aveva giocato d’anticipo, tentando di mettersi in disparte per dare forma alle idee e alla partecipazione attiva degli artisti coinvolti. La scelta curatoriale era quella di lasciare carta bianca alle visioni dei protagonisti, con il desiderio di rendere visibile, oltre alle opere, ciò che è invisibile: le relazioni, l’audacia, la ricerca comune che animano il processo creativo d’équipe e il suo svolgimento, decisamente aperto sia nei temi che nei media. Al centro non solo le opere quanto le persone, incluse le implicazioni che derivano dalla volontà di esplorare tutte le possibili interpretazioni e gli interrogativi che emergono da ciò che è esposto ed è oggetto di continui contenziosi (tra la necessità particolare di essere protagonisti e la volontà collettiva di sparire – in senso buono ‒ per raccontare un dispositivo creativo condiviso e vitale, nello spazio).
LA MOSTRA
Ora il curatore è a Bassano insieme ad Antonio Guiotto (Padova, 1978). Per anni hanno discusso, scherzato, lavorato alla mostra. Refrattario alle procedure espositive consuete e allineate, l’artista e sceglie di riflettere sul ruolo dell’istituzione a modo suo.
Quindi ‒ era invitabile ‒ dove il curatore silenziosamente procede per via di levare (il Titolo) l’artista se ne frega e generosamente innesta didascalie, delegando a questi nuovi apparati il ruolo di negoziazione con lo spettatore. Senza fare tabula rasa delle informazioni necessarie per comprendere le opere, l’artista sceglie, nel frattempo, di aggiungerne altre, sperimentando nuove traiettorie e moltiplicando i racconti possibili. Con una astuta sceneggiatura Guiotto, in veste di mascalzone, condiziona lo svolgimento dell’esposizione affiancando alle didascalie già presenti venti nuove fantastiche schede di lettura dei dipinti e delle sculture riunite nelle collezioni.
Se il valore aggiunto del progetto riguarda l’operazione di impossessamento ‒ senza timore ‒dello stato di fatto del museo, potenziato dall’artista senza il bisogno di mettere in scena nuovi protagonisti, allora si può azzardare definendo come comparse senza polvere le nuove apparizioni scultoree che, tra i gessi del Canova, raffigurano i sostenitori della mostra, in modalità stand-by. Cinque busti-ritratto, realizzati nel 2019, rappresentano alcuni tra i cittadini più avveduti e sensibili o, per dirla meglio, quelli che generosamente hanno scelto di aiutare il progetto e promuovere la cultura del dono.
UNA PARTITA APERTA
Senza titolo con didascalia è una partita aperta, un teorema espositivo fuori norma con molteplici chiavi di lettura: l’intervento dell’artista resta fuori campo per lasciare allo spettatore la possibilità di ricreare il museo, riattualizzando situazioni, sguardi, attori.
La mostra prosegue idealmente a TRA Treviso Ricerca Arte, che fino a dicembre ospita l’altra personale di Antonio Guiotto Improvvisare, adattarsi e raggiungere lo scopo, curata da Chiara Casarin. Qui, forse, qualcuno vi dirà la verità.
‒ Federica Bianconi
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