Le Antropotecniche degli artisti contemporanei in una mostra a Modena

Galleria Metronom, Modena – fino al 15 novembre 2019. La mostra alla galleria Metronom riflette su rappresentazione, corpo, figura e autodefinizione di sé nella società contemporanea con sei chiavi inedite.

Si chiama Antropotecniche la mostra a cura di Marcella Mann che la galleria Metronom presenta a Modena, con il merito di portare una selezione di artisti mid career a ragionare su corpo e figura, riattivando nell’immaginario contemporaneo miti eterni. Per dirla con Sloterdijk, punto di riferimento del percorso espositivo, l’antropotecnica “si riferisce all’intera autopoiesi, o auto-creazione, del “genere umano” nelle sue molte migliaia di specializzazioni culturali. È empirico, pluralista ed egualitario ‒ nel senso che tutti gli individui, come eredi della memoria dell’umanità, sono liberi di superare se stessi. Lo fa bene Kamilia Kard con i suoi busti Woman as a temple, una rivisitazione in 3D delle Veneri tramandateci dalla storia dell’arte, che irridono gli stereotipi sulla bellezza femminile, oggi come ieri, scardinando ogni cornice predefinita.

STORIA DELL’ARTE E TECNOLOGIA

Il riferimento alla storia dell’arte torna anche nei Ritratti di giovani uomini e giovani donne di Simone Schiesari, dove l’artista conduce una attività di estrazione e punta l’obiettivo su ciò che spesso sfugge alle nostre considerazioni, aumentando il potenziale emozionale delle opere del passato attraverso l’utilizzo della tecnologia. Quest’ultima protagonista, come sempre, nelle immagini impietose e portate al parossismo della coppia Christto&Andrew (Christto Sanz e Andrew Weir), (ad esempio in Existental Nightmare) per i quali invece l’appiattimento di volumi porta inquietudine e turbamento.

Kamilia Kard, Woman as Temple Metal Yellow, 2017 © l’artista. Courtesy Metronom

Kamilia Kard, Woman as Temple Metal Yellow, 2017 © l’artista. Courtesy Metronom

CORPO UMANO E VIDEOGIOCHI

Diversamente Elena Aya Bundurakis riprende, nella serie Eating Magma, il corpo umano quasi come in una fotografia di Man Ray, dolce e morbido nelle forme femminili, affiancandolo a concrezioni immaginifiche, ma totalmente surreali: tornano in mente paesaggi lunari o sottomarini, organi, conchiglie, ma forse è pura invenzione? Infine Alix Desaubliaux, con il suo Greenboots, ricrea un videogioco basato sulla storia di uno scalatore disperso sul Monte Everest nel 1996: una possibile storia, che noi non conosciamo e che propone finali molteplici, quasi in un barlume di speranza, dal momento che l’epilogo nella realtà è stato, diversamente, tragico.

Santa Nastro

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Santa Nastro

Santa Nastro è nata a Napoli nel 1981. Laureata in Storia dell'Arte presso l'Università di Bologna con una tesi su Francesco Arcangeli, è critico d'arte, giornalista e comunicatore. Attualmente è vicedirettore di Artribune. È Responsabile della Comunicazione di FMAV Fondazione…

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