Dagli alpeggi alle caverne. Simone Pellegrini e François Burland a Parma
Galleria Rizomi, Parma ‒ fino al 20 dicembre 2019. Due artisti, uno accademico e l'altro autodidatta. La galleria da sempre sensibile all'Art Brut presenta un dialogo inedito tra le opere di Simone Pellegrini e François Burland. Tra motivi ripetuti, cromie dominanti e materiali simili, il confronto è efficace e ricco di stimoli.
Il comune denominatore tra François Burland (Losanna, 1958) e Simone Pellegrini (Ancona, 1972) è la carta: il primo usa quella povera da pacchi, il secondo predilige la carta da spolvero sulla quale opera con la tecnica della monotipia. I due artisti sono in sintonia anche per le modalità con cui affrontano la superficie delle opere: stilemi ripetuti, composizioni che richiamano l’horror vacui di medievale memoria (e sorprendentemente “medievali” sono dei disegni di Burland che sembrano riprendere le sculture delle cattedrali romaniche francesi), e ancora soggetti dalla forte carica simbolica ispirati alle pitture rupestri per Pellegrini e alla tradizione popolare svizzera per Burland. Ma se l’italiano sembra aver trovato una sua cifra “che funziona” e che ripete quasi ad accontentare l’osservatore delle sue “mappe” mentali e culturali, il linguaggio dell’artista svizzero si avvicina alla spontaneità e alla forza comunicativa che è propria degli artisti “outsider”: non a caso, dopo un’adolescenza problematica, è entrato a far parte della Collection de l’Art Brut di Losanna. I disegni e i ricami, che a prima vista replicano fedelmente il folclore alpino, si arricchiscono di slogan, di denunce sociali e politiche, di legami con l’attualità, il tutto mediato attraverso un linguaggio volutamente infantile e giocoso che ne enfatizza la portata e spinge a profonde riflessioni.
‒ Marta Santacatterina
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati