Expanded painting. Una collettiva a Brescia
Galleria Massimo Minini, Brescia – fino al 10 gennaio 2020. – Armin Boehm, Sol Calero, Brandon Lipchik, Paul P. e Giuliana Rosso sono i protagonisti della collettiva bresciana incentrata sulla pittura.
Nel 1978 Rosalind Krauss teorizza il “campo espanso” della scultura, un territorio ibrido aperto allo sconfinamento tra tecniche e linguaggi che trova un corrispettivo anche in pittura, come evidenziato dalla mostra Expanded Painting curata da Helena Kontova e Giancarlo Politi per la Biennale di Praga del 2005. La disciplina insomma sembra non bastare a se stessa ma, nel negare la propria natura – travalicandone confini e specificità – in realtà si rafforza e arricchisce, aprendosi allo spazio e alla terza dimensione. “Essere pittrice per me non vuol dire solo usare supporti propriamente pittorici, ma rappresenta un’attitudine più allargata che va al di fuori della tela e della pittura in senso stretto, si espande verso altri materiali e rapporti tridimensionali. Anche se mi avvalgo del gessetto e di oggetti scultorei, io li considero parte del processo pittorico”. Questa dichiarazione di Giuliana Rosso del 2018 ben sintetizza il concetto di pittura “espansa”, tema portante della collettiva alla Galleria Massimo Minini di Brescia. Protagonisti cinque pittori e pittrici internazionali, tra la Generazione X e i Millenial, – Armin Boehm, Sol Calero, Brandon Lipchik, Paul P. e Giuliana Rosso, appunto – perfettamente a proprio agio nello scivolare disinvolto tra tecniche, media e supporti.
I CINQUE ARTISTI
Senza la pretesa di completezza o esaustività, in mostra è proposta una selezione di exempla puntuali, con opere dal 2013 al 2019, in grado di introdurre idiosincratici approcci alla pittura. Il lavoro di Giuliana Rosso emerge in maniera potente e incisiva come particolarmente rappresentativo. La Rosso dissemina i suoi interventi, poetici e onirici, nello spazio espositivo mantenendo una forte coerenza narrativa attraverso la ricorsività di alcuni soggetti sviluppati bi e tridimensionalmente. Sol Calero mette invece in dialogo gioiose composizioni di frutta, strutture architettoniche, pittura barocca, tradizione, kitsch e artigianato, creando una sorta di “hortus conclusus”, un’oasi partecipativa e relazionale per il pubblico, in cui l’elemento pittorico si fa volume e scultura. Nelle sue opere dalla forte tattilità Brandon Lipchik coniuga il linguaggio digitale a spessi strati di pittura, giustapposizioni di materia e immagini dai colori artificiali e molto luminosi a toccare la memoria e le emozioni. I tragicomici tipi umani di Armin Boehm, dai volti sdoppiati, fusi e confusi tra loro, raccontano il grottesco del quotidiano e del banale. La tavolozza è cupa ed espressionista, il collage con pezzi di tessuto introduce squarci di reale nella composizione. Paul P. nel suo percorso passa dalla ricerca su fotografie erotiche trovate all’astrazione, in un continuo scambio con la figurazione. I suoi monocromi gialli, inquadrati in rigorose griglie minimali in mogano, sono potenziali finestre sull’altro e sull’altrove. Oggi, in un momento in cui l’attenzione nei confronti della pittura sembra tornare alta, dopo inevitabili fasi altalenanti influenzate dallo Zeitgeist, una mostra come questa è un ulteriore strumento per interrogare limiti e possibilità del mezzo. A conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, che quella della pittura è una lingua tutt’altro che morta.
‒ Damiano Gullì
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