Come sarà il 2020 dei Musei? Intervista a Laura Valente, Presidente del Museo Madre
Il Museo napoletano inaugura con il 2020 un anno di svolta: quello che vede alle redini dell’istituzione la direttrice Kathryn Weir. Ne abbiamo parlato con la Presidente Laura Valente.
Prosegue l’inchiesta sui Musei Italiani. Oggi a essere sotto la lente è il Museo Madre di Napoli. Dopo le interviste che hanno riguardato la programmazione della GAMeC, del MAMbo, del Maxxi, di Palaexpo, di Punta Dogana e Palazzo Grassi, del Centro Pecci, del Museo Novecento di Firenze, delle OGR, incontriamo la presidente dell’istituzione campana Laura Valente (la migliore Presidente 2019 secondo Artribune), in un anno di svolta del museo, che inaugura così l’epoca di Kathryn Weir…
Come sarà la programmazione dell’anno 2020?
Sempre più orientata al confronto fra i diversi linguaggi e culture del contemporaneo, con progetti che partendo da Napoli si svilupperanno sul piano nazionale e internazionale. Conto molto sull’esperienza e lo sguardo della nuova direttrice artistica Kathryn Weir, che si trasferirà stabilmente a Napoli da marzo. Intanto il 4 febbraio la Fondazione Donnaregina sarà ufficialmente al Kunst Palast di Dusseldorf, di cui è partner insieme con il Landesmuseum di Darmstadt per Untold Stories , una mostra curata personalmente da Peter Lindbergh. Poco prima della sua scomparsa avevamo programmato insieme una residenza a Napoli: qui avrebbe incontrato e ritratto le donne di Forcella. Purtroppo se ne è andato prima. Tengo molto a questo progetto, che inizia quest’anno in Germania e arriverà al Madre a febbraio 2021. Intanto a fine maggio debutta il nostro primo festival Piazza Madre, una “Woodstock” dei linguaggi e delle culture del contemporaneo.
Ci sarà spazio per l’arte italiana? Se sì, in che modo?
Certo. Il Madre è un museo regionale per forma giuridica, nazionale per spirito, istituzione pubblica per vocazione, che non può quindi prescindere dal rapporto con la realtà che lo circonda, anche in termini urbani e sociali. Stiamo chiudendo il programma 2020 in queste ore. La linea su cui stiamo lavorando è proiettata sulle collaborazioni internazionali e sulle residenze di artisti italiani al Madre. Senza mai dimenticare i grandi maestri: ad ottobre inaugureremo una retrospettiva su Alessandro Mendini, protagonista indiscusso della scena del design e dell’arte, che con Napoli ha avuto un lungo e burrascoso rapporto, e che sarà realizzata con la collaborazione dello Studio Mendini e con il prezioso aiuto delle figlie Elisa e Fulvia. Una delle sue opere resterà al Madre, nella collezione permanente.
Su quali risorse contate?
Siamo un ente in house della Regione Campania e oltre ai fondi ordinari abbiamo anche la possibilità di accedere ogni anno ai finanziamenti europei in varie forme. Oggi una managerialità virtuosa è quella che sa attrarre maggiori fondi pubblici destinati alla vocazione dell’ente che viene gestito. E noi nell’ultimo anno abbiamo aumentato di oltre 1300 mila euro i finanziamenti pubblici derivanti da progetti regionali ed europei. Il supporto che la Regione Campania dà alla Fondazione Donnaregina, tuttavia, non è solo di mero ordine economico. Condividiamo una visione strategica di lungo periodo, in cui il museo diventa sempre più attore del territorio in cui è nato: un’istituzione che non si limita a osservare e studiare il cambiamento della società che la circonda, ma vi prende parte attivamente, promuovendo l’incontro fra culture e l’intreccio fra diverse espressioni artistiche.
Un bilancio dell’anno che si è appena concluso?
Assolutamente positivo. Il pubblico, non solo quello napoletano, ha imparato presto ad amare il nuovo Madre, premiandolo con un aumento di presenze del 37% rispetto allo stesso periodo nel 2019. Abbiamo quadruplicato, come si dice in gergo teatrale, le alzate di sipario aprendo a tutti i linguaggi del contemporaneo. È un traguardo importante, che è stato possibile raggiungere solo grazie all’intenso lavoro di squadra intrapreso con la Regione e con il cda del Madre, Letizia Magaldi e Ferdinando Pinto. Ma soprattutto voglio ringraziare tutti i lavoratori del Museo Madre che hanno cambiato passo con me.
Un decennio si è appena concluso. Quale è la sfida che secondo lei i Musei e le istituzioni culturali italiani devono affrontare nel prossimo decennio?
Faccio mia la proposta di Jette Sandahl, la presidente del comitato internazionale per la definizione di “museo”: il Madre deve diventare uno spazio democratizzato e collaborare attivamente ‘con le diverse comunità per raccogliere, conservare, interpretare, esporre e migliorare la comprensione del mondo’. In un contesto in cui permangono alcuni modelli non più sostenibili, in tema di beni culturali, c’è bisogno di individuare nuove strategie integrate che coniughino un’offerta artistica di grande spessore con una serie di politiche di inclusione e riflessione e formazione di professionalità che saranno la classe dirigente del futuro. Penso ad un Madre comunità: diffuso, attivo, condiviso, partecipato.
Quali sono le esigenze del visitatore che il Museo deve cercare oggi di soddisfare?
Il pubblico ha bisogno di sapere che il Madre gli appartiene. Temi come la partecipazione diretta, la trasparenza e l’integrazione devono essere al centro di qualsiasi agenda politico-amministrativa, soprattutto in ambito culturale. E per far questo devi uscire dalle mura dei musei, nel senso che non ci sono più scaffalature di genere. Oggi l’arte contemporanea è sempre più performativa, con linguaggi, tendenze e culture in continua ibridazione tra loro. Oggi, al Madre, possiamo dire di aver vinto questa scommessa.
E quali invece le problematiche del sistema dell’arte che oggi impattano sui musei?
Sono problematiche che riguardano tutti gli ambiti del pubblico in Italia. E che si possono riassumere in una sola parola: burocrazia. È sacrosanto che un’istituzione pubblica debba rispondere delle sue pratiche gestionali in maniera trasparente. Sogno che il legislatore italiano si renda conto che un museo d’arte contemporanea non deve inseguire il presente ma anticipare il futuro. E per farlo deve aver un passo veloce.
–Santa Nastro
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