After Leonardo. Eugenio Tibaldi ed Ettore Favini a Milano
Museo del Novecento, Milano – fino al 12 gennaio 2020. Le installazioni ultra green di Eugenio Tibaldi e la narrazione dell’acqua di Ettore Favini: così due grandi artisti contemporanei rileggono Leonardo e portano le questioni più urgenti di oggi all’attenzione pubblica.
Le celebrazioni del 500esimo anniversario della morte di Leonardo hanno dettato per tutto l’anno un fitto palinsesto a Milano, e non solo, eviscerando tutti i misteri della vicenda umana e artistica del genio rinascimentale. Un focus che si estenderà ben oltre il 2019, come dimostra l’apertura, appena avvenuta, delle Gallerie Leonardo al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano. Ma tra mostre e avvenimenti di carattere storico, il palinsesto Leonardo 500, promosso dal Comune, ha sottolineato anche l’importanza di declinare i temi leonardeschi al presente, lanciando la call Milano|Cultura. Così nasce After Leonardo, la mostra diffusa all’interno del Museo del Novecento che raccoglie le opere di due artisti contemporanei (vincitori ex-aequo del concorso), Ettore Favini (Cremona, 1974) ed Eugenio Tibaldi (Alba, 1977), poi acquisite dallo stesso museo.
TIBALDI, FAVINI, LEONARDO
Non si può parlare di Leonardo senza affrontare il tema dell’acqua: è il punto di partenza di Atlantico, la videoinstallazione di Favini posta al piano terra dell’edificio: prendendo spunto dal Codice Atlantico, l’artista ripercorre i corsi dell’acqua in molteplici e variabili paesaggi, fino a immergere il visitatore in un luogo senza tempo che strizza l’occhio alle nebbie e agli “sfumati” leonardeschi, nonché a tutta la delicatezza evocata dalla sua pittura e dal suo disegno. In Giardino abusivo di Tibaldi, invece, a essere al centro dell’interesse dell’opera è la ricerca urgente di una nuova forma di sostenibilità capace di contrastare il degrado ambientale. Così l’artista allestisce un orto alimentato da un sistema di depurazione di acqua di recupero che cresce tra televisori rotti, materassi e altri oggetti.
La ricca vegetazione nasce dentro ai frigoriferi a pozzetto (quelli un po’ vintage dell’estate italiana degli Anni Ottanta), oppure fa capolino da bottiglie di plastica. Pomodori e insalata si appropriano degli oggetti abbandonati: quello che a una prima occhiata può sembrare una rovina contemporanea, o lo still life di una discarica in disuso, è in realtà un atto di rinascita in cui la natura prevale sulle tracce materiali e gli scarti lasciati dall’uomo sul pianeta, suggerendo che forse un nuovo equilibrio è possibile. Così l’opera di Tibaldi tenta di ribaltare il comune punto di vista; il tutto, in una forma estetica randomica e affascinante che fa capolino dai vari luoghi in cui è installata, con un certo “effetto sorpresa” mentre si sale la spirale ascendente del Museo del Novecento.
‒ Giulia Ronchi
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