Presente, storia e identità. Yael Bartana a Modena
Fondazione Modena Arti Visive – fino al 13 aprile 2020. A Modena una mostra retrospettiva di Yael Bartana racconta il lavoro dell’artista con opere dal 2006 a oggi. Attraversando con le sue video installazioni la storia e il tema della identità.
Gli oggetti raccontano molte storie. Ma non sempre ciò che ci dicono ha un sapore romantico. Spezza infatti il cuore Tashlikh (Cast Off), una delle video installazioni che accolgono il visitatore e che dà il titolo alla mostra di Yael Bartana (Kfar Yehezkel, 1970) presso Palazzo Santa Margherita, sede della Fondazione Modena Arti Visive. L’opera, del 2017, fa scorrere in slow motion, su un allegorico cielo stellato, un fiume di abiti, scarpe, giochi, libri e così via. Ognuno di questi simboleggia il carico che le persone che sfuggono da persecuzioni e guerre portano con sé e fa riferimento a un’antica pratica ebraica dove il liberarsi delle cose è un modo per purificarsi dai peccati (ma anche dai pesi).
YB The Recorder Player from Sheikh Jarrah excerpt from Yael Bartana on Vimeo.
Con Cast off la Bartana introduce a un percorso ben più articolato a cura di Chiara Dall’Olio, che si snoda attraverso cinque installazioni video e una serie fotografica. Il tema politico è preponderante, accompagnato da una analisi profonda di tutte le componenti che fanno parte del vivere in un luogo, nel consesso sociale, della narrazione che un territorio dà storicamente e culturalmente di sé. In tal senso ad esempio stupisce e cattura il progetto True Finn, un film commissionato in Finlandia alla Bartana nel 2014, nel quale l’incontro tra otto cittadini provenienti da etnie diverse, in una sorta di “Grande Fratello” nordico, dà vita a un ritratto affascinante e multiforme di un Paese e dell’identità nazionale.
LE OPERE DI YAEL BARTANA
The Recorder Player from Seikh Jarrah è in memoria di una protesta pacifica ed è stato realizzato nel 2010. Il contrasto tra l’aspetto bellicoso dei militari israeliani e la dolcezza della manifestante intenta a suonare il flauto rende il tutto inquietante e surreale. La doppia video installazione Summer Camp/Avodah, 2007, rievoca il cinema di Helmar Lerski, ma descrivendo la ricostruzione di una casa palestinese. A Declaration, 2006, invece, sfugge alla prassi documentaristica nel lavoro dell’artista e crea invece una fiction sostituendo la bandiera israeliana su uno scoglio della baia di Jaffa con l’ulivo, simbolo di pace. Chiude il percorso la serie di scatti The Missing Negatives of the Sonnenfeld Collection (After Herbert and Leni Sonnenfeld), che richiama l’archivio della coppia di fotogiornalisti nel loro lavoro in Israele e Palestina tra il 1933 e il 1948. In mostra una sorta di reenactment progettato dalla Bartana: a partire da queste storie perdute, l’artista si fa investigatrice e, sulle orme dei leggendari giornalisti, ricrea le immagini usando modelli reali e contemporanei. Come cambiano i volti, gli atteggiamenti, i sorrisi, i corpi è impressionante. Il confronto con la storia e le sue pieghe più nascoste crea cortocircuiti spazio temporali.
‒ Santa Nastro
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