ArcoMadrid 2020 nel segno della normalità con tanto ritorno al classico
Le prime impressioni e immagini dalla fiera appena inaugurata. È la prima edizione firmata interamente da Maribel López, che ha sostituito dopo quasi un decennio Carlos Urroz
ArcoMadrid numero 39 ha aperto i battenti in un clima disteso e ottimista, malgrado l’allerta sanitaria da coronavirus, che in Spagna è ridotta soltanto per il momento a un consiglio generico a lavarsi le mani più spesso e alla comune prudenza. Gli spagnoli hanno dato come notizia la presenza di tutte e undici le gallerie provenienti dall’Italia (di cui Massimo e Francesca Minini proprio dalla Lombardia). Nessuna defezione (o quasi) anche tra i trecento galleristi internazionali invitati. La giornata d’apertura si è svolta con assoluta normalità, tra tanti vip spagnoli soliti presenziare alla kermesse, direttori di musei, artisti e collezionisti importanti. Passeggiando tra i padiglioni 7 e 9 di Ifema (209 le gallerie presenti, provenienti da oltre 30 Paesi), si è notata forse solo meno calca rispetto all’edizione passata.
NIENTE DI NUOVO SUL MERCATO
Arco 2020 è la prima edizione firmata interamente da Maribel López, che ha sostituito dopo quasi un decennio Carlos Urroz, con il quale ha collaborato a lungo nell’organizzazione commerciale della fiera. Dal punto di vista dei contenuti, oltre a una predominanza della pittura e dell’arte geometrica e informale, l’impressione generale è di uno spiccato ritorno alla classicità, con una significativa presenza di nomi già consacrati sul mercato. È questo l’effetto che fanno i tanti pezzi di artisti spagnoli della post-guerra e di nomi celebri del panorama internazionale che si possono ammirare in alcuni stand. Opere di valore ma con prezzi da capogiro, certamente destinate a un collezionismo dall’elevato potere acquisitivo, alla ricerca di beni rifugio nell’incerto andamento dei mercati finanziari soprattutto del Sudamerica. Un Ritratto di Jacqueline di Picasso (nello stand della newyorchese Tyler Nahmen) è quotato 6,2 milioni di euro; un delizioso Villaggio, olio su tavola di Miró del 1915 si può ammirare da Marc Domenech, galleria di Barcellona, insieme a opere di Braque, Léger, Picabia e Moore. Nello stand di Hauser & Wirtz campeggia un intenso monolite di Eduardo Chillida (prezzo 5milioni di euro). Oltre agli immancabili David Hockney e Julian Opie, c’è chi espone pezzi di Rauschenberg, Lichtenstein, Dalí e Calder. Tra i tanti artisti della modernità spagnola, c’è un ritorno in auge di Tapiès: vale 1milione e 500mila euro Duat, grande pezzo a tecnica mista del 1994 che campeggia nello stand di Mayoral, galleria di Barcellona; sono varie le gallerie che quest’anno espongono l’artista informale catalano scomparso nel 2012, particolarmente amato dai collezionisti sudamericani.
INTERESSANTI DIALOGHI E TANTI SOLO PROJECT
Il marchio di fiera di scoperta dell’arte emergente – così come la definisce la direzione di Arco – sopravvive per fortuna nella sezione Opening, la più affollata nella giornata d’apertura, riservata ai professionisti del settore, con le proposte più alternative e arrischiate da parte delle gallerie che hanno meno di sette anni di vita. È bello vedere che quest’anno gli artisti sono sempre più i protagonisti della fiera madrilena. Interessanti alcuni dei Dialoghi inter-generazionali: come quello fra le testimonianze di A to A (Art to abandon) del milanese Franco Mazzucchelli (1939) e il giovane argentino Gabriel Chaile (1985), con la sua denuncia sociale su pentole e sculture di terracotta (Galleria Chertludde di Berlino). I visitatori sono attratti anche dai numerosi solo project: tra gli italiani, Mario Merz da Persano, Ruben Martin da Prometeo Gallery, Chiara Camoni da Spazio A, Francesco Jodice da Marta Cervera e Monica Bonvicini, ospite della galleria tedesca Peter Kilchmann. Stimolante anche l’incontro/raffronto fra due personalità artistiche diverse proposto da alcune gallerie, anche italiane. Dalla milanese Prometeo Gallery, per esempio – Ida Pisani è un’habitué della fiera di Madrid – il confronto è tutto al femminile: fra i video e le fotografie recenti della guatemalteca Regina José Galindo e gli olii a tinte forti (anche nei contenuti) della sempre più brava albanese Iva Lulashi (entrambe in mostra ora anche a Milano).
STAND ITALIANI, NON SOLO NOMI ITALIANI
Le gallerie italiane presenti a Madrid hanno puntato perlopiù su artisti del nostro Paese, giovani e meno giovani, noti e meno noti; ad eccezione di Continua che ospita solo opere del cubano Carlos Garaicoa, che vive e lavora a Madrid; e di Massimo e Francesca Minini. Le due gallerie famigliari, infatti, si sono riunite per presentare per la prima volta a Madrid il meglio della loro scuderia di artisti internazionali. I napoletani dello Studio Trisorio espongono invece interessanti opere recenti di Jan Fabre e di Rebecca Horn. Meno facile infine, per l’alto contenuto concettuale, l’approccio alla piccola sezione che ruota intorno tema It’s just a matter of time, omaggio alla figura e all’opera del cubano Felix González-Torres (1957-1996), curata da Alejandro Cesarco e Mason Leaver-Yap (tredici gallerie, tra le quali la torinese Franco Noero).
– Federica Lonati
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