A casa di Ontani. Il racconto di Ludovico Pratesi
È la storia di una giornata trascorsa nel paese di origine di Luigi Ontani quella descritta da Ludovico Pratesi, che ha fatto visita al villino Romamor, buen retiro dell’artista nell’Appennino emiliano.
Ci sono giornate che sembrano non essere soggette alla tirannia del tempo, dove ogni singolo elemento, fisico e spirituale, si dispone in una situazione benevola, portatrice di una serenità che si nutre di armonia. Mi è capitato lunedì 27 gennaio, quando avevo deciso di accettare l’invito di Luigi Ontani (Vergato, 1943) a visitare Vergato, il suo paese natale incastonato nell’Appennino emiliano, dove si trova il villino Romamor, ideale buen retiro dell’artista, abitato tutto l’anno dall’amata sorella Tullia. Così, dopo la kermesse di Arte Fiera, sono salito sul treno regionale che collega Bologna con Pistoia, in una giornata serena e splendente, con quella luce zenitale tipica di certe settimane invernali. Il treno ha attraversato valli e colline invase dal sole, ha toccato stazioncine minuscole e spesso abbandonate, e dopo circa 45 minuti di tragitto si è fermato a Vergato, dove mi aspettava Ontani con il suo fido collaboratore Adil. Ma prima di incontrare Luigi, avvolto da un abito ecru color ocra chiaro, mi sono imbattuto in RenVergatellAppeninMontovolo, la fontana che l’artista ha realizzato per il suo paese, collocata nel piazzale davanti alla stazioncina. Un fauno/satiro di bronzo in piedi, che rappresenta il fiume Reno, porta sulle spalle un giovane adolescente alato, (il torrente Vergatello) ed è collocato in piedi su un uovo avvolto dalle spire di un serpente (riferimento alla montagna locale Montovolo, cara all’artista) in mezzo a una vasca ovale, circondata da una bassa catena montuosa dalla quale compare il volto di un Tritone scolpito nel marmo bianco, a rappresentare l’Appennino in un insieme fiabesco, dal sapore quasi fin de siècle.
“Per la figura centrale mi sono ispirato a San Cristoforo”, racconta Ontani. In un attimo siamo nel palazzo dei Capitani della Montagna, dopo aver percorso una strada dove Luigi mi indica la posizione della casa dove è nato, distrutta dai bombardamenti alleati (Vergato si trovava sulla linea Gotica), che non hanno risparmiato neppure il palazzetto comunale, ricostruito in stile neorinascimentale dopo la guerra. Nella sala del Consiglio Ontani ha realizzato alla fine degli Anni Novanta quattro vetrate policrome che narrano la storia del paese, eseguite nella vetreria Giuliani di Roma, dove si alternano elementi araldici e mitologici in una combinazione davvero felice. Al piano terreno una sala ospita il MuseOntani, allestito l’anno scorso in occasione dell’inaugurazione della fontana, avvenuta il 7 aprile 2019, dove alcune opere documentano la ricerca dell’artista: fotografie degli Anni Settanta, Ermestetiche in ceramica policroma e sculture in bronzo non sono che alcuni esempi dell’universo creato dall’artista.
ALVAR AALTO E GLI ALTRI
Prima di pranzo breve sosta a Riola per visitare la Chiesa di Santa Maria Assunta, costruita dall’ingegner Mario Tamburini tra il 1975 e il 1980 su progetto dell’architetto finlandese Alvar Aalto, invitato dal cardinal Lercaro in queste valli nel 1966 per realizzare il suo primo (e unico) progetto in Italia, terra amatissima da Aalto. La chiesa è stata realizzata dieci anni dopo, quando l’architetto era scomparso: “Allora arrivò qui in elicottero”, sussurra Ontani. Linee razionali purissime, capriate di cemento per sostenere il soffitto, uno studio della luce attento e rigoroso rendono l’edificio un capolavoro di architettura religiosa, troppo poco conosciuto per il suo valore. Dopo un pranzo in una trattoria d’altri tempi affacciata sul fiume, con un’ostessa che sembrava uscita da un film di Fellini o di Olmi, finalmente siamo arrivati al villino, una delle dependance della Rocchetta, il castello in stile moresco costruito nel 1859 dal conte Cesare Mattei, padre della medicina omeopatica.
NEL MONDO DI ONTANI
Definire il villino Romamor una casa d’artista è riduttivo: qui Ontani ha costruito il suo mondo, arroccato su uno sperone di roccia affacciato sulla valle. Il villino, di matrice liberty, è stato interpretato dall’artista con inserti in ceramica e ferro battuto, mentre in una terrazza si apre un labirinto di siepi, tipico dei giardini all’italiana. Scendiamo nello studio, un edificio rettangolare costruito ex novo e impreziosito da una facciata dominata dai mosaici delle quattro stagioni, realizzati dal maestro mosaicista Costantino Buccolieri. Nel grande stanzone rettangolare, ingombro di libri, maschere e altri oggetti orientali, Ontani ha lavorato per disegnare tutte le opere della sua personale nella galleria De Carlo a Milano, realizzate nella bottega Gatti a Faenza. “Ora non riesco più a passare molto tempo qui” ‒ racconta ‒ “e mi ci fermo una notte o due nel mio tragitto da Roma a Faenza”. Mentre nella valle la luce si fa obliqua in attesa del tramonto, verso le quattro raggiungiamo il villino, dove Tullia ha preparato uno squisito tè orientale. E qui l’arte di Luigi raggiunge il culmine: l’edificio è diviso in due piani, che ospitano stanze molto piccole ma invase dall’universo Ontani, lasciando libero solo lo spazio che permette alle persone di circolare negli ambienti, muovendosi con la stessa cautela di un elefante in una cristalleria. Luigi mi indica a una a una le opere scambiate con altri artisti (Emilio Prini, Ettore Spalletti e tanti altri) tra i quali ricordo un piccolo De Pisis e alcuni disegni di Cocteau. Ogni stanza è un frammento di mondo: la cucina, la camera da letto di Tullia, la sua camera da letto, lo studio e infine la biblioteca, dove gli scaffali sono pieni di cataloghi, riviste e libri che lo riguardano. Un luogo dove Luigi ha accumulato per decenni cimeli, ricordi, oggetti e memorie in un immane sforzo di archiviazione di un’epoca davvero impressionante. Il perfetto contraltare dell’austera e semplicissima dimora di Giorgio Morandi a Grizzana, che viene aperta da un funzionario comunale che ne possiede le chiavi. A Romamor la custode dell’Ontani pensiero è Tullia, che sembra appartenere a questa terra, dalla quale non si è mai spostata. Di ritorno verso la stazione, Ontani mi mostra l’edificio scolastico dove andava alle elementari con qualche altro ragazzo del paese, chiuso dopo poco tempo perché il maestro non aveva il permesso di insegnamento. Strano destino, in questo fazzoletto di Appennino dal genius loci speciale, dove si incontrano personaggi come Giorgio Morandi, Luigi Ontani, Cesare Mattei e Alvar Aalto. Vorrà dire qualcosa?
‒ Ludovico Pratesi
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