Quante incognite ci riserva il futuro. Lo racconta Mattia Pajè in una mostra a Roma
Fondazione smART – polo per l’arte, Roma – fino al 20 marzo 2020. La sede romana ospita la prima personale del giovane artista Mattia Pajè, a cura di Saverio Verini. Una mostra che si pone come un eterno quesito verso le potenzialità, verso la tensione nel raggiungimento di un obiettivo.
“Il corpus di opere di Pajè risulta sorprendentemente oscillante”: così Saverio Verini parla della struttura della mostra. Con il timore di cristallizzarsi, Mattia Pajè (Melzo, 1991) crea un percorso eterogeneo, divertente e giocoso, capace di far riflettere lo spettatore sulla sottile linea di confine abitata dalla trepidazione, dall’eccitazione e dalla fragilità che ognuno di noi attraversa tendendo verso un obiettivo.
Una composizione numerica pseudo-scientifica, effigi funerarie senza volto, tartarughe che scorrazzano in un terrario combinando parole, esili bacchette magiche e una gigantesca fotografia di un neonato che dorme animano gli spazi di Fondazione smART – polo per l’arte. Tre grandi buchi neri disturbano l’immagine dell’infante dormiente, simbolo di quelle incognite che la vita riserva nel suo continuo scorrere. Tra inciampi, buchi neri e tensioni, c’è il sostegno simboleggiato da un abbraccio tra le due statue ‒ appena abbozzate dall’artista ‒ che, segnate dalle crepe, saranno, un giorno, destinate a cadere.
‒ Valentina Muzi
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