Giovani artisti e quarantena. Parola a Caterina Morigi
Su cosa stanno lavorando da casa i giovani artisti in questi giorni? Da oggi prende il via un primo ciclo di incontri dedicati agli artisti e agli spazi indipendenti in giro per l’Italia. Tra quotidianità e ricerca ai tempi della quarantena, scopriamo lavori, progetti e sentimenti nuovi. La prima a prendere la parola è Caterina Morigi, già autrice di una delle copertine del nostro magazine.
Il lockdown può essere un’opportunità per tutto il sistema dell’arte di ripartire da zero, o quanto meno di riformulare determinate dinamiche che avrebbero potuto far implodere l’intera baracca, già pericolante da un po’ di tempo. Ovviamente la grande filiera del contemporaneo viaggia a due velocità e mentre da un lato abbiamo i grandi dello star system, che possono essere più o meno colpiti dall’ondata di pandemia, dall’altro troviamo invece numerose realtà di artisti e spazi non profit che vivono una dimensione professionale votata alla ricerca e alla sperimentazione fatta giornalmente di studio, nuovi progetti, partecipazione a bandi, residenze e premi nazionali e internazionali. Sicuramente quest’ultima è una categoria molto più fragile e poco sostenuta dal sistema, ma che solitamente con impegno e costanza riesce a farsi spazio tra le serrate maglie di un mondo ben strutturato e poco incline a credere nelle nuove generazioni. Occorre ribadire inoltre che molti artisti vivono e lavorano in città come Torino, Napoli, Firenze, Milano e Roma, ma sono residenti in altre regioni o nei piccoli centri di provincia dove non è sempre facile fare networking, soprattutto di questi tempi. Tra quanti risiedono nelle città, alcuni di loro hanno dovuto fare rientro nei luoghi di origine e questo è stato un modo per ripensare diversamente la propria attività, il proprio tempo e i nuovi spazi.
CATERINA MORIGI A RAVENNA
Abbiamo fatto qualche domanda a Caterina Morigi (Ravenna, 1991) riguardo ai suoi ultimi lavori: “Dopo la pubblicazione del libro ‘Honesty of Matter’ (Witty Books, 2019) ho sentito la necessità di avvicinarmi visivamente ed empiricamente alla materia, alla pietra, che appare solida, ermetica, non si lascia esplorare, nasconde gran parte di sé. Solo la sua superficie è concessa alla vista, ma anche alle intemperie. Si nascondono nella roccia, sigillate nel buio, cavità incrostate di cristalli. Così, da un lato, ho fatto incursione attraverso il microscopio, per evidenziare le somiglianze formali tra micro e macro; dall’altro sto operando fisicamente per rivelare categorie di opposti: opaco-trasparente, regolare-irregolare, denso-cavo. L’idea è quella di scomporre nuovamente la sostanza in polvere e ricomporla in scultura, come tornando all’origine, per poi ricominciare. Contemporaneamente lavoro su progetti ongoing, ad esempio Back to the stars, in cui lo sguardo è rivolto verso un aspetto trascendente: la vita prima della vita. Le stelle riportano a un inizio, scavalcano il tempo, rimandano a una continuità. Non è raro che i bambini presentino ricordi del luogo in cui si trovavano prima di nascere, molti di questi racconti coincidono con un’atmosfera celeste, così sto compiendo un’indagine poetica per dare forma a concetti trasparenti. ‘Back to the stars’ è il frutto di un’esperienza laboratoriale con bambini di varie età, in cui si passa progressivamente da un cosmo figurativo e intelligibile a uno cangiante”.
RIPENSARE IL TEMPO
Alla domanda su come siano cambiati il suo universo quotidiano e il tipo di approccio alla ricerca artistica in questo periodo, la Morigi ha risposto: “Ho ripristinato il vecchio studio a Ravenna, ha una bella luce, si trova dentro un giardino. La maggior parte dei miei libri e lavori si trovano nello studio a Torino, città in cui normalmente vivo. Nei primi giorni di emergenza è stato difficile riuscire produrre, perché sono venute meno scadenze e luoghi specifici per cui pensare un nuovo lavoro. Dopo alcuni giorni di stacco, però, si diventa molto più sensibili. Rispetto ai ritmi convulsi della normalità, si riesce a contare il tempo e valutare oggettivamente la fatica mentale e fisica che comporta il lavoro. È stato necessario ripensare a un metodo”.
‒ Giuseppe Amedeo Arnesano
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