Pace Gallery licenzia un quarto dei dipendenti di New York: la reazione della megas alla crisi
Nonostante vanti una potenza economica tra le più importanti al mondo, la sede newyorkese della galleria ha tagliato il 25% del personale. Mentre le vendite delle case d’asta continuano a salire, il trasferimento delle operazioni sulle piattaforme virtuali sta inducendo a tagliare la forza-lavoro.
Brutte notizie per la galleria Pace Gallery, che vanta sei avamposti sparsi in luoghi commerciali strategici (Londra, New York, Ginevra, Palo Alto, Hong Kong e Seoul) e che nel 2019 aveva aperto a New York una nuova impressionante sede, paragonabile per ampiezza e ambizione di progetto ai più importanti musei della metropoli. Purtroppo non è tutto oro quel che luccica e la blue chip gallery a qualche settimana dal lockdown newyorkese ha ceduto allo spettro della crisi, licenziando il 25% del suo personale. Una svolta amara e forse inaspettata da parte di un colosso del sistema artistico.
PACE GALLERY E IL PARADOSSO DELLE CASE D’ASTE
Difficile comprendere a fondo l’andamento del mercato dell’arte in questo momento: se le gallerie sono impossibilitate ad aprire le proprie porte a visitatori e potenziali acquirenti, allo stesso tempo le grandi case d’asta hanno annunciato delle impennate dei profitti. Christie’s e Sotheby’s hanno riscontrato ottimi risultati derivate dall’implemento delle piattaforme digitali di Online Sales (trend confermato persino in Italia, dove la casa genovese Wannenesha registrato picchi insperati). Eppure i tagli al personale sono stati applicati anche in queste grandi realtà. Tutto ciò fa pensare che quella componente psicologica che agisce sulla decisione di aggiudicarsi un’opera sia acuita da questi tempi di incertezza e isolamento, dove l’arte la si può generalmente vedere solo attraverso lo schermo di un computer o di uno smartphone.
I LICENZIAMENTI PACE GALLERY
Questi ultimi trend non giovano tuttavia alla situazione dei dipendenti di Pace Gallery, ingannati da false speranze e lasciati poi al loro destino, congedati tramite una telefonata. “A malincuore stiamo temporaneamente licenziando alcuni dipendenti questa settimana, con la forte aspettativa di riassumerli al più presto”, ha dichiarato il CEO di Pace Gallery Marc Glimcher ad ARTnews. “Questa dolorosa decisione è giunta dopo aver effettuato ogni taglio possibile non relativo al personale, incluso la riduzione al minimo o il taglio totale degli stipendi ai piani alti dell’azienda. Sono tempi senza precedenti ed estremamente duri. Nessuno dovrebbe pensare che le gallerie d’arte siano meno colpite economicamente rispetto ad aziende di altro tipo”. Se infatti il mercato non è morto e a quanto pare i collezionisti continuano a farsi avanti, tutta l’attività si è spostata sul versante digitale, rendendo inutile la presenza di operatori che fino a ieri si occupavano delle opere e dell’accoglienza dei visitatori nello spazio fisico della galleria.
ARNE GLIMCHER DI PACE GALLEY CONTAGIATO DAL CORONAVIRUS
A bruciare di più, probabilmente, è la delusione proveniente dal comportamento di Arne Glimcher, fondatore della galleria, interpretato da molti come segno di malcelata ipocrisia: contagiato e poi guarito dal coronavirus, aveva rilasciato, sempre sulle pagine di ARTnews,un racconto della malattia. “Così tante vite preziose sono state perse in questa crisi, e tante altre rimarranno segnate dal dolore in modo permanente. Dobbiamo dare un significato al nostro recupero. Sono fortunato, con una bellissima famiglia e una galleria piena di artisti, amici e colleghi che si sforzano e lottano per creare. Questa ripresa – la nostra ripresa – per quanto lunga e complessa possa essere, andrà persa o vinta a seconda della nostra capacità di rifiutare quelle cose che rovinano, degradano ed erodono il nostro mondo creativo, per abbracciare e proteggere ciò che è reale, duraturo e capace di ispirare la nostra vita nell’arte”. Parole che lasciano intendere una revisione delle priorità, un’apertura di tipo umano contro il frequente cinismo di mercato. Parole che si sono scontrate poi con la dura realtà, tutt’altro che incoraggiante per i dipendenti licenziati.
–Giulia Ronchi
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