La pittura maliziosa di Laura Krifka
Sono allusivi e intriganti i dipinti di Laura Krifka, 35enne di Los Angeles raccontata da Ferruccio Giromini in questo nuovo capitolo della rubrica “Opera sexy”.
Alquanto maliziosa è la pittura della 35enne losangelina Laura Krifka. Difatti la sua figuratività di stampo iperrealistico, venata però di uno spiazzante onirismo, si esercita quasi esclusivamente sui temi del voyeurismo. I suoi giovani protagonisti, maschi e femmine visti soli o colti in interazione, occupano angusti interni domestici, nell’intimità presentandosi o del tutto nudi o vestiti a metà, e in ciò si mostrano di volta in volta oggetti di sguardo o soggetti guardanti, quando non interpretano insieme entrambe le parti.
È necessario dunque descrivere qualcuno degli oli dell’artista, realizzati in imponenti dimensioni ora su tela e ora su tavola. In Woman Drying Herself vediamo una giovane appena uscita dalla doccia (o dalla vasca) che, sulla soglia della stanza da bagno, sta finendo di asciugarsi; inquadrata frontalmente, illuminata da luce spiovente, incorniciata da pareti decorate con pattern di pesci stilizzati, è colta nel momento esatto in cui alza lo sguardo ed ecco che incontra il nostro, forse colpevole e forse no. Invece protagonista di Cover Up è un bel giovanotto a mezzobusto nudo che ci guarda tenendo in mano un reggiseno: per farne che? In Twin Pucker si dividono il campo una lei in solo reggiseno e un lui tutto spogliato, che chiacchierano spremendo limoni e mettendo in aperto e morbido confronto il solco tra i seni di lei e quello tra le natiche di lui; intanto fuori dalla finestra, oltre la tenda veneziana, si scorge qualcun altro che si tuffa in piscina: se uomo o donna non si capisce. Anche in Lions si gioca sull’ambiguità: un ragazzo seduto al tavolo legge un libro alla luce di una lampada; dietro di lui, oltre il vetro della finestra che dà sul giardino all’imbrunire, un’altra figuretta lo spia e intanto si tocca: noi non siamo in grado di capire se è femmina o maschio, ma adesso, quasi per caso, vediamo che dall’asciugamano che cinge i fianchi del lettore spunta appena appena la punta di un glande. Un’altra situazione di notevole tensione erotica si svolge in Blue Bowls tra due protagonisti entrambi colti di spalle tra le piastrelle geometriche di un lucido bagno, mentre lei si volta ad accendere una lampadina e lui, completamente svestito, ne approfitta per un fuggente gesto autoerotico.
VOYEURISMO E DINTORNI
Ognuna di queste scene ha per sfondo pareti fasciate di incongrue tappezzerie optical, del tutto fuori moda, che bidimensionali invadono con prepotenza lo spazio tridimensionale attirando oltremisura il nostro sguardo e tingendo tutto – a contrasto percettivo ma anche psicologico – di un tono quasi surreale. L’episodio più eclatante in tal senso è The Dream, dove la fanciulla che sbadiglia semiaddormentata atteggia la bocca a uovo come il motivo decorativo sulla parete, mentre le areole dei suoi capezzoli richiamano con esattezza i tuorli delle stesse uova. Ma in questo caso il voyeurismo appare candido, addirittura comico, e per una volta esente dai sottili disagi di tutte le altre storie di desideri oscillanti tra espressione e repressione.
In tale commedia a base di sguardi illeciti, noi guardanti ci scopriamo in definitiva guardoni di voyeurismo, costretti a riconoscere che l’atto del guardare è una (forse: la) componente centrale del desiderio. Così Laura Krifka, che dipinge superfici nitide con pennellate controllate, sulle tracce dei campioni del più tradizionale realismo figurativo americano quali Maxfield Parrish e Norman Rockwell, e pertanto la si direbbe franca e lineare, viceversa le sue intenzioni si rivelano ben oblique, accostandola a un maestro della provocazione più lontano per geografia e cultura, l’europeo Balthus.
UNA WEIRD-LADY
Non ci si stupirà dunque se la giovane artista viene spesso percepita da molto pubblico statunitense, soprattutto in ambienti non-artistici ma generalisti, una vera weird-lady. In realtà Laura Krifka, che vive a San Luis Obispo, dalla sua calda California esce raramente. Anche le sue opere sono esposte e collezionate quasi esclusivamente lì. Pur vantando un’attività espositiva imponente, le sue puntate altrove (New York, Miami, Las Vegas, St. Louis, Chicago) si contano esattamente sulle dita di una mano. Ennesima prova che la cultura dell’oltraggiosa California fa ancora e sempre caso a sé. D’altronde i titoli delle sue mostre personali sono spesso rivelatori: First Blush, Viper Kingdom, Reap the Whirlwind, Between You and Me, The Game of Patience… Rossori, serpi in seno, turbini sconvolgenti, faccia a faccia, giochi di pazienza: è decisamente maliziosa, perlappunto, la 35enne losangelina.
‒ Ferruccio Giromini
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #54
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