Fase 2: il futuro dei musei italiani. Intervista a Simonetta della Seta del MEIS di Ferrara
Puntare sul visitatore. La direttrice del Museo Nazionale dell'Ebraismo Italiano e della Shoah Simonetta della Seta ci racconta i programmi per la Fase 2 e per il futuro dell’istituzione ferrarese.
Continua il nostro racconto della Fase 2 dei Musei italiani. Dopo l’annuncio della riapertura delle OGR Tech a Torino, le interviste ai direttori del MAN di Nuoro e del Centro Pecci, e le notizie provenienti dal Maxxi di Roma, andiamo a Ferrara dove incontriamo la direttrice del MEIS Simonetta della Seta. Ecco cosa ci ha detto.
Come avete salutato la notizia di una possibile riapertura del 18 maggio?
Con gioia, perché dà speranza ai musei come un luogo della vita che riprende. Con apprensione, per la preparazione alle nuove modalità. Con curiosità, di fronte alla domanda di quale sarà il nostro primo pubblico, in assenza ancora del vaccino.
Sarete pronti per quella data?
Per quella data avremo sanificato i nostri spazi e avremo sviluppato una “road map” sulla riapertura graduale del museo.
Avete ricevuto delle linee guida o dei criteri di base per ciò che concerne le tecniche di distanziamento sociale e la sicurezza dello staff?
Siamo ovviamente partiti dal decreto del Governo del 26 aprile, dalle indicazioni mandate dalla Direzione Musei del MiBACT, nonché dai protocolli usati nel periodo di crisi da tutte le aziende rimaste aperte.
Quali saranno le prime azioni che porterete avanti?
L’apertura del nostro giardino biblico e degli spazi aperti. Un programma di didattica, e anche di giochi, rivolti ai più giovani. Oltre a un miglioramento del sito, per continuare a essere accoglienti e dialoganti anche a distanza. Il Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah può raccontare proprio come si esce dai ghetti verso la libertà. È quello che è accaduto agli ebrei nella storia, e oggi diventa ancora più attuale.
Come pensi che cambierà il rapporto tra museo e spettatore?
Credo che questa crisi creerà un rapporto più interattivo e intimo tra visitatore e museo. Oggi i musei saranno finalmente obbligati a mettere al centro della loro offerta non solo gli oggetti e le loro collezioni, ma il visitatore stesso, le sue esigenze, le sue curiosità, le sue preferenze. I musei dovranno porsi la domanda su come attirare le persone e, per farlo dovranno capire meglio chi sono i visitatori, cosa chiedono, cosa interessa, e quindi come coinvolgerli meglio e di più. Il rapporto cambierà positivamente.
State cercando di aprire un dialogo con il Ministero? Con che richieste?
Il Ministero è molto attivo e noi siamo già in dialogo con la Direzione Musei e con la rete museale nazionale, oltre che con la rete dei musei ebraici italiani. La richiesta è quella di scambiarci il più possibile informazioni utili e buone pratiche. Poi ovviamente ciascuna realtà dovrà rapportarsi al territorio (soprattutto in un primo periodo di turismo di prossimità), e al tipo di offerta che può mettere a disposizione. Dal momento che tutti i musei andranno incontro a forti spese senza grandi ricavi, sarebbe bello poter ottenere anche dei sostegni di tipo economico.
Cosa salvi dei tuoi piani precedenti e cosa pensi che invece ormai sia irrecuperabile e irrimediabilmente obsoleto?
Salviamo tutto, perché gradualmente riaprirà tutto. Mentre la grande mostra “DENTRO&FUORI. Oltre il ghetto“, che avrebbe dovuto aprire questo aprile, sarà probabilmente prorogata al 2021, per poter essere visitata e goduta da un numero maggiore di visitatori.
Quali sono le urgenze, a tuo parere, fondamentali per la ripartenza dell’intero settore dell’arte?
Creatività, amore per la bellezza e la conoscenza, fiducia nel pubblico, sostegno governativo.
–Santa Nastro
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