L’arte contemporanea per George Floyd. Murale e risorse anti-razzismo
Mentre l’America brucia tra le proteste per la morte di George Floyd a Minneapolis si mobilita anche il mondo della cultura.
“We are a white supremacy nation and we always have been. We are a white supremacy institution culture”, così proclamava uno dei personaggi chiamati in causa da The White Album meritatissimo Leone d’oro alla Biennale di Venezia 2019 (in occasione della quale uscivamo su Artribune Magazine con una importantissima inchiesta su quella che definivamo una nuova Black Renaissence). In quest’opera monumentale ed emblematica l’autore Arthur Jafa metteva in luce quanto la questione razziale non sia ancora risolta negli Stati Uniti (e non solo) anche se cercava una sorta di mediazione e di pacificazione con la controparte bianca. Un film acclamato da tutti, premiatissimo, tanto da dare, come giustamente notava Teresa Macrì in un suo intelligente articolo di allora su Il Manifesto, a Jafa lo scettro della disamina sulla black culture nella video arte, prima ancora di Steve McQueen (conquistato invece dal grande cinema). Eppure solo un anno dopo la biennale (si inseriva in questa riflessione anche BLK NWS di Kahlil Joseph) l’America torna a bruciare di rabbia e indignazione per un video che mostra un cittadino afroamericano, George Floyd mentre viene ucciso dalla polizia di Minneapolis.
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GEORGE FLOYD: I MURALES
Negli Stati Uniti come in Italia cominciano a venir fuori murale che chiedono giustizia per Floyd. Nella capitale italiana è Harry Greb che in via degli Stati Uniti d’America, in prossimità del Villaggio Olimpico chiede Justice for George Floyd, sostituendo la testa della Statua della Libertà con il volto dell’afroamericano ucciso. A Napoli invece nell’antico quartiere Barra è lo street artist Jorit a sensibilizzare con un murale e lo slogan Time to change the world: insieme a George Floyd, Martin Luther King, Malcom X, la attivista Angela Davis e Lenin. Hakim Bishara su Hyperallergic segnala un murale realizzato in 12 ore proprio a Minneapolis tra la trentottesima strada e la Chicago Avenue South, dagli artisti Xena Goldman, Cadex Herrera e Greta McLain (con l’aiuto di Niko Alexander e Pablo Hernandez). “So many mixed emotions today…”, scrive la Goldman su Instagram. “Minneapolis is heavy with grief and anger and anxiety and horror, but at the same time I feel so honored or have worked today with a crew of kind and talented artists to honor the memory of #georgefloyd , so moved to have felt the community support all day long”. Il sito Hyperallergic ha dedicato uno speciale veramente interessante a quanto accaduto, operando però una riflessione profonda, condivisa e per nulla autoassolutoria su un tema mai risolto e che infatti torna a scaldare periodicamente gli Stati Uniti (Michael Brown nel 2014, Ferguson, Missouri, Eric Garner, 2014, New York, Philando Castile, 2016, sempre a Minneapolis, Trayvon Martin, Florida, 2012, Freddie Gray, 2015, Baltimora, Tamir Rice, 12 anni, Ohio, 2014, ma la lista è ancora lunga…).
GEORGE FLOYD: LE RISORSE ANTI-RAZZISMO
Nel frattempo sui social, sui siti, sui blog sta circolando un documento open source chiamato Anti – Racism resource creato dall’attrice Sarah Sophie Flicker e da Alyssa Klein: una lunga lista di film, libri, organizzazioni, serie tv, podcast, video (anche Artribune aveva stilato nel 2019 le proprie liste, in calce trovate i link), – da I am not your negro di Raoul Peck a Toni Morrison, per intenderci-, pensata come vademecum per bianchi per fare un lavoro su se stessi, ovviamente in una ottica antirazzista. Le autrici invitano a farla circolare e non fanno mancare una serie di riferimenti ai movimenti femministi, perché come dichiarava Pragna Patel, fondatrice inglese del movimento Suothall Black Sisters in una intervista a L’Espresso nel 2018: “estrema destra, intolleranza, discriminazioni di genere si basano su una idea di disuguaglianza ed esclusione che toglie voce e diritti a uomini e donne. Nel nostro mondo globalizzato e interconnesso la comunità femminista deve trascendere ogni confine. Ora più che mai dobbiamo riconoscere che un femminismo inclusivo, intersettoriale e globale è cruciale per sconfiggere ogni forma di fascismo”. Se nella lista non mancano letture e consigli per serie tv (alle quali forse sarebbe da aggiungere la bella When they see us, diretta da Ava DuVernay), non si fa molto riferimento alle opere dell’arte.
ARTE CONTEMPORANEA: LE RISORSE ANTI- RAZZISMO
Mentre molti artisti già si esprimono sulle loro pagine social, proviamo ad aggiungere al ben nutrito ed encomiabile elenco di Flicker e Klein una proposta sull’arte. Oltre ai già citati Arthur Jafa e Kahlil Joseph c’è la ricerca degli artisti americani Theaster Gates, Kara Walker, Mark Bradford, Carrie Mae Weems, Lorna Simpson, Kehinde Wiley, David Hammonds, Lyle Ashton Harris, Nari Ward, Kara Walker, Emma Amos, Gordon Parks, Kerry James Marshall e naturalmente Emory Douglas, senza dimenticare di citare tutti coloro che hanno partecipato al grande movimento della Harlem Renaissence (tra gli anni ’20 e ’30 del secolo scorso), e la musica (il bebop, il jazz, l’hip-hop…). Non sono necessariamente artisti politici, ma il loro lavoro racconta (anche) la storia della black identity e della grande cultura americana. In Gran Bretagna possiamo menzionare Chris Ofili e Yinka Shonibare (la Tate Modern presenta qui una interessantissima ricognizione sul tema dalla collezione (Read how voices from our Black, Asian and Minority Ethnic Network respond to the artworks in our collection)). In Italia un lavoro eccellente transdisciplinare lo svolge Johanne Affricot, culture curator e anima di Griot Magazine (qui la nostra intervista) e naturalmente il bel catalogo realizzato dall’American Academy in Rome per la mostra (2015) Nero su Bianco che interrogava il tema dell’identità afroitaliana a cura di Peter Miller, Lyle Ashton Harris e Robert Storr. Perché questo non è solo un affare americano…
–Santa Nastro
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