Quale futuro per la cultura europea? L’appello di Marina Abramović, Björk e altri artisti all’UE
“Il modo in cui i politici decideranno di rispondere ora preparerà la scena per il prossimo decennio di vita culturale e creativa dell’Unione Europea”, si legge nell’appello. 45 personalità di arte, musica, letteratura, teatro e cinema si sono coesi per mettere in guardia dai danni che subirà il mondo della cultura se non sarà sostenuto economicamente
Nei giorni in cui a Bruxelles procedono le difficili trattative tra i 27 membri dell’Unione Europea in merito al Recovery Fund e al bilancio pluriennale – prolungatesi oltre i due giorni previsti –, il mondo della cultura si è mobilitato per ricordare ai vertici politici l’importanza di sostenere questo settore in vista degli anni futuri. I firmatari dell’appello sono 45, provenienti da ogni ambito e da ogni paese: sul fronte delle arti visive si sono schierati gli artisti Marina Abramović, Daniel Buren e Joan Fontcuberta, ma c’è anche Paul Dujardin, direttore artistico del centro per arti visive belga BOZAR. Dal panorama musicale la mitica Björk, la più giovane MØ e il compositore italiano Nicola Campogrande. La lista si allunga con scrittori, conduttori, registi di teatro e cinema, performer, musicisti e producer (come Agustín Almodóvar fratello minore del regista Pedro Almodóvar, ad esempio). Tutti uniti per ricordare le perdite ingenti che ogni settore della cultura ha avuto dallo scoppio della pandemia e della assoluta necessità di aiuti economici per sperare in una ripartenza.
L’APPELLO DEGLI ARTISTI ALL’UNIONE EUROPEA
“La cultura europea è nel mezzo di una crisi e il modo in cui i politici decideranno di rispondere ora preparerà la scena per il prossimo decennio di vita culturale e creativa nella nostra unione. Dall’inizio della pandemia i teatri, i cinema, le sale da musica, i musei e altri luoghi di espressione culturale sono rimasti chiusi. Molti di questi luoghi semplicemente non riapriranno”, comincia l’appello. Un report delle conseguenze di tale crisi è stato fornito da The impact of the COVID-19 pandemic on the Cultural and Creative Sector, lo studio redatto da KEA European Affairs proprio per il Consiglio d’Europa. Stando a quanto riporta il Sole24Ore, il settore culturale avrebbe perso nel secondo trimestre del 2020 fino all’80% del suo fatturato. La Germania, secondo una valutazione interna, ha perso circa 21,7 miliardi di euro, pari al 12,7% del suo fatturato annuo. Anche l’ampia partecipazione digitale alla quale sono ricorsi i musei durante il lockdown non ha contribuito a rialzare l’indotto, poiché la spesa diretta per attività ricreative e prodotti culturali ha continuato a precipitare. Non da meno è il settore cinematografico, che starebbe subendo una perdita a livello globale circa 7 miliardi di euro a causa delle sale in molti casi ancora chiuse, secondo un’analisi Unesco.
IL VALORE DELLA CULTURA DURANTE LA PANDEMIA. LA LETTERA DEGLI ARTISTI ALL’UE
“Nonostante un panorama culturale così ridotto, è alla cultura che tutti noi ci siamo rivolti durante questo periodo”, prosegue la lettera. “È la musica che ci ha riuniti sui balconi; film e serie TV che ci hanno intrattenuto; documentari, libri, spettacoli, opere d’arte che ci hanno confortato. La risorsa più preziosa dell’Europa è la nostra cultura”, sottolineano gli artisti. “È una cultura unita nella sua diversità, una cultura che attira milioni di persone da tutto il mondo. Nonostante i messaggi dei leader dell’Unione europea secondo cui i nostri settori sarebbero fermamente sostenuti, le attuali proposte per un piano di risanamento e un bilancio europeo stranamente non tengono conto delle esigenze dei settori culturali e creativi: è necessario, quindi, fornire risorse finanziarie a un livello tale da consentire all’arte, alla cultura, alle imprese culturali e creative, di continuare il loro lavoro, sopravvivere e prosperare nel futuro”. E concludono: “questa è un’opportunità per l’UE di dimostrare ampiamente che può onorare i suoi valori. È giunto il momento per l’Europa di essere ambiziosa e investire nel suo futuro creativo. La cultura è il terreno fertile dal quale la prossima generazione europea si unirà e fiorirà. Mostriamo alle prossime generazioni europee che tipo di futuro vogliamo offrire loro”.
– Giulia Ronchi
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