Nuova vita per il Mattatoio di Roma. Andrea Galvani racconta la sua performance

Finalmente l'ex Mattatoio di Roma riprende una programmazione artistica degna di questo nome. Merito del neodirettore Angel Moya Garcia e della performance inaugurale di Andrea Galvani. Ecco l'intervista con l'artista.

Chissà se Andrea Galvani (Verona, 1973), quando ha iniziato a interessarsi alle scienze come veicolo per la sua espressività, avrà pensato che il suo cognome è lo stesso di un grande fisico del passato, Luigi Galvani. Coincidenza o no, per la mostra La sottigliezza delle cose elevate, fino al 25 ottobre al Mattatoio di Roma, Galvani ha scelto alcuni studenti-ricercatori di diverse facoltà scientifiche dell’Università La Sapienza e li ha messi all’opera all’interno del Padiglione 9b.
Il risultato è una performance sorprendente, fatta di musica e formule matematiche, che sono poi le due facce della stessa medaglia: le leggi rigorose e armoniche che regolano il nostro mondo, patrimonio degli antichi, e strumenti per dare forma all’astrazione.

L’ARRIVO DELL’ARTISTA DA NEW YORK

Quando incontriamo Andrea Galvani, è appena arrivato da New York, una delle due città in cui vive (l’altra è Città del Messico). Confessa di essere stanco, ma trova il tempo e l’energia per parlare con i suoi performer prima dell’apertura ufficiale al pubblico.
I giovani mettono in scena Instruments for Inquiring into the Wind and the Shaking Earth, Strumenti per indagare il vento e i tremori della terra, la performance che ha luogo solo per tre date: 23 luglio, 17 settembre e 15 ottobre, e si sovrappone all’altra, The Subtleties of Elevated Things, La Sottigliezza delle cose elevate.

L’INTERVISTA AD ANDREA GALVANI

Come nasce la sinergia con il progetto Dispositivi sensibili, che il neodirettore Angel Moya García ha pensato per il prossimo triennio?
Ho risposto alla chiamata del curatore per il Mattatoio di Roma e accolto con piacere il suo invito a generare il primo “dispositivo”per il 2020. Ho presentato un progetto multidisciplinare pensato per cambiare, svilupparsi ed espandersi progressivamente durante tutto il periodo espositivo. Per la prima volta in assoluto in Italia, riunisco qui in un solo spazio, due progetti site-specific che sono stati appositamente riconfigurati e realizzati per meravigliosa architettura industriale del Mattatoio. Si tratta di The Subtleties of Elevated Things, azione prodotta in collaborazione con Istituti di ricerca e Università internazionali (presentata precedentemente tra il 2018 e il 2019 a Londra, Bogota, Lima, Madrid e New York) e Inquiring into the Wind and the Shaking Earth, installazione ambientale e performance (che dopo il suo debutto ad Art Basel City Buenos Aires, ha vinto lo scorso anno il prestigioso Audemars Piguet Prize). Entrambe sono state appositamente ripensate per questo spazio, con sedici sculture al neon inedite, una complessa serie di elementi architettonici e un’azione ongoing in scala monumentale che in questo caso coinvolge 10 ricercatori impegnati costantemente nello sviluppo di calcoli complessi a diverse altezze sulle pareti di tutto il perimetro espositivo e tre gruppi di 12 performer e vocalist che interagiscono con lo spazio, le opere e il pubblico in determinate date.

Come avete organizzato l’allestimento?
L’intero Padiglione 9b è stato ricostruito in 3D per permettermi di lavorare in differita da New York. Ho misurato, navigato e modellato lo spazio virtualmente per settimane, simulando in ogni dettaglio il mio intervento prima di procedere alle produzioni e alla logistica, in pieno rispetto delle nuove normative Covid e della sicurezza del pubblico. Gli oltre mille metri quadrati di spazio espositivo sono stati unificati attraverso la preparazione dell’intero perimetro murario con uno specifico pantone di grigio e alcuni elementi architettonici, strumenti tecnici e scale che ho disegnato per accogliere le azioni e le performance. Il progetto è stato pensato per esaltare l’imponente verticalità dell’architettura del Mattatoio e allargare visivamente il polo di azione centrale. Nell’ultima sala è stata poi posizionata una intricata rete di cavi di acciaio che sostiene le sculture sospese a diversi metri di altezza al di sopra del pubblico che si ritrova letteralmente circondato da una giungla numerica.

Non è facile scegliere un gruppo di performer che assolva a più esigenze: il canto, la matematica, la presenza scenica…
I ricercatori utilizzano lo spazio espositivo come un laboratorio universitario aperto e svolgono il loro lavoro quotidiano di studio in scala monumentale. Abbiamo lavorato intensamente per due mesi per selezionare un team che potesse essere in grado di lavorare incessantemente dentro il Mattatoio nell’arco degli oltre novanta giorni di programmazione e potesse sviluppare un progetto di ricerca aderente al suo campo di investigazione.

Dieci direttori di altrettanti dipartimenti dell’Università La Sapienza hanno detto sì al progetto.
Fondamentale è stata la collaborazione con l’ex Presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare Prof. Fernando Ferroni e l’immediata ed entusiasta risposta dei dipartimenti contattati.

E i giovani che la frequentano sono menti eccellenti.
Ognuno dei ricercatori e degli studenti coinvolti ha una sua specificità di ricerca, qualcuno ha collaborato con il CERN di Ginevra, altri con il progetto Virgo (esperimento internazionale sulle onde gravitazionali) o con LNGS laboratori di ricerca del gran Sasso, altri ancora sono PhD student.

Andrea Galvani, Instruments for Inquiring into the Wind and the Shaking Earth, 2019. Audemars Piguet Prize

Andrea Galvani, Instruments for Inquiring into the Wind and the Shaking Earth, 2019. Audemars Piguet Prize

Il direttore del progetto triennale per il Mattatoio Dispositivi sensibili, Angel Moya García, è soddisfatto della performance realizzata con Galvani, che definisce “non un’inaugurazione formale ma una partenza per un progetto più lungo, una dichiarazione di intenti per evolvere nel corso del cambiamento”. E annuncia per dicembre 2020 una grande mostra del pittore e performing artist Luigi Presicce.

– Letizia Riccio

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Letizia Riccio

Letizia Riccio

Giornalista dal 1997, laureata in Lingue e letterature straniere moderne a La Sapienza di Roma, inizia a scrivere a La Repubblica nel settore della televisione e prosegue, nello stesso campo, con Il Mattino di Napoli, L'Unione Sarda e Il Giornale…

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