Morto Maurizio Calvesi: il ricordo di Alberto Dambruoso
Il critico d'arte Alberto Dambruoso ricorda Maurizio Calvesi, uomo e storico dell’arte. E gli aneddoti su Schifano, Tano Festa e i futuristi…
Con grande piacere da una parte e un groppo in gola dall’altra mi accingo a scrivere qualche parola in ricordo di Maurizio Calvesi, l’ultimo dei grandi storici dell’arte italiani del Novecento che questa mattina ci ha lasciati. Ho avuto la grande fortuna d’incontrarlo appena terminati i miei studi universitari. Avevo iniziato subito dopo la laurea a collaborare con una galleria specializzata negli anni Sessanta romani. Organizzai nel 2004 una mostra con opere di Schifano, Kounellis, Pascali, Tacchi, Angeli, Festa, Lombardo, Fioroni e Uncini e qualcuno mi disse perché non chiami Calvesi e gliela fai vedere, ne sarebbe contento. Io pensavo che Calvesi fosse un’entità astratta, di quelle di cui leggi solo i nomi nei frontespizi dei volumi. Mi recai all’indirizzo che mi avevano indicato e qualche ora dopo lo vidi comparire in sella alla sua bicicletta (Calvesi era stato un grande corridore da giovane). Bastarono poche occhiate d’intesa e qualche ora dopo il Professore era lì dentro la galleria ad ammirare quegli artisti che quarant’anni prima aveva fortemente contribuito a far scoprire. Ne rimase entusiasta ma soprattutto non riusciva a capacitarsi come fosse possibile che conoscessi così bene quegli artisti e quegli anni senza averli vissuti o frequentati. Mi disse che alla prima occasione quella mostra l’avremmo dovuta organizzare insieme, allargando maggiormente il numero degli artisti. L’occasione non tardò ad arrivare. Qualche mese dopo ricevetti una telefonata nella quale il Professore mi chiedeva se volevo curare insieme a lui il Premio Vasto. Ovviamente dissi subito di sì e da quel giorno si può dire che sono stato praticamente adottato da lui e da sua moglie.
CALVESI: GLI ANEDDOTI SU SCHIFANO E TANO FESTA
Mi accolsero come il figlio che avrebbero sempre voluto avere (lui e la seconda moglie Augusta Monferini non ebbero figli) e vissi moltissimi anni praticamente a casa loro, pranzandovi quasi ogni giorno e talvolta dormendovi anche. Lo ricordo come un periodo bellissimo per la mia formazione ma allo stesso tempo anche ricco di episodi divertenti perché Calvesi era dotato di una grande ironia e raccontava tantissime storie sul mondo dell’arte: dal suo rapporto con Schifano, amoroso all’inizio e deludente alla fine agli incontri con Tano Festa a Piazza del Popolo quando l’artista già da tempo mal in arnese invece di ascoltare le parole del Professore che gli diceva “ti abbiamo trovato casa” , gli rispondeva “A Maurì, devi vede’ ho fatto un quadro”, ai racconti della mostra di quattro artisti romani (tra i quali figuravano anche Ceroli e Kounellis) a Parigi nel 1970 dove Kounellis fino a 15 minuti prima della mostra non aveva ancora installato la sua opera tra l’altro concepita solo qualche ora prima.
CALVESI: I FUTURISTI
Ma i ricordi di Calvesi andavano anche più indietro nel tempo, quando era bambino e frequentava la casa di Balla che si trovava un piano sotto la sua!! E poi quando si recava appena dodicenne nella casa romana di Marinetti e veniva accolto come un “aeropoeta futurista”. Il nostro rapporto si consolidò ancor di più quando iniziammo il lavoro del catalogo generale di Boccioni. Ogni giorno lavoravamo alla redazione del catalogo almeno due – tre ore nel corso del pomeriggio. Calvesi si ricordava incredibilmente tutte le opere e non esitava un istante quando si trattava di riconoscere un’opera falsa tra quelle arrivate per essere archiviate. Oggi ci ha lasciati uno dei massimi storici dell’arte di tutti i tempi passati e anche futuri ma anche un uomo di grande generosità e di grande umiltà. Mi diceva sempre: “Alberto io lo so di essere il più grande di tutti ma non si deve mai dare a vedere”.
–Alberto Dambruoso
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