Tre volte dentro Kafka. Alla Fondazione Prada di Milano
Fino al 25 ottobre 2020 la Fondazione Prada di Milano rende omaggio a Franz Kafka con una triplice installazione. Protagonisti Martin Kippenberger, Orson Welles e i Tangerine Dream.
Si parte da un echeggiare di ‘K’, quelle di Kafka e Kippenberger, uniti per volere della curatela di Kittelman. Completano il mix artistico Orson Welles e i Tangerine Dream ‒ malgrado l’assenza di K nel nome – per una triplice visione che si basa sul vero trait d’union dell’esposizione: la solitudine.
UNA PREMESSA KAFKIANA
Concepita dal curatore come una trilogia coesistente, la mostra si ispira a tre romanzi incompiuti: America, Il processo e Il castello ‒ che, secondo l’esecutore testamentario dello scrittore Max Brod, biografo e amico di Kafka, rappresentano una Trilogia della solitudine.
K si traduce come un invito a sperimentare e mira a enfatizzare il legame simmetrico e ambivalente che esiste tra vari linguaggi d’arte. Tre possibili incontri creativi per un’interpretazione d’insieme dell’opera di Kafka attraverso la presentazione simultanea di un’installazione, di un film e di una produzione musicale. Le tre parti ‒ rispettivamente nel Podium, nel Cinema e nella Cisterna della Fondazione Prada ‒ possono essere lette insieme come un’allegoria della vita o, come sosteneva lo scrittore: “Tutte queste parabole si prefiggono davvero di dire semplicemente che l’incomprensibile è incomprensibile, e lo sappiamo già”.
KAFKA, KIPPENBERGER E TANGERINE DREAM
Il percorso parte dall’opera (inedita in Italia) di Martin Kippenberger, The Happy End of Franz Kafka’s “Amerika” (1994). Basata su America (1927), l’opera reinterpreta la sequenza in cui il protagonista Karl Rossman, dopo aver viaggiato nel Paese, si propone per un’occupazione al “teatro più grande del mondo”. L’artista esplora l’utopia immaginaria del mondo del lavoro, trasponendo in una vasta installazione l’immagine letteraria dei colloqui collettivi del romanzo. Si tratta di una sorta di ufficio abbandonato, dal pavimento disegnato come un campo da calcio, con notevoli pezzi di design (come la sedia sospesa di Bonacina), circondato da gradinate su cui soffermarsi per immaginare dialoghi e atmosfere.
C’è una sinestesia alienante: avvicinandosi a una scrivania si possono sentire delle voci mentre poco distante viene trasmessa Funkytown dei Lipps.
Nella sala cinematografica, la proiezione de Il processo di Orson Welles ci lascia immergere nei fotogrammi in bianco e nero i cui contrasti esaltano la crudezza narrativa. La pellicola è del ‘62 ma anticipa magistralmente l’allucinazione postmoderna (come l’assiale claustrofobico delle scrivanie nell’open space).
Completa il trittico l’album dei Tangerine Dream che contiene brevi “descrizioni immaginarie”, tratte dal diario di Kafka, a corredare ciascun brano. The Castle (2013) è diffuso in loop all’interno della Cisterna, dove ci si può sedere su dei pouf immersi in luci malva volutamente oniriche.
‒ Lucia Antista
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati