Nedko Solakov e i labirinti della comunicazione
La sede della Galleria Continua a San Gimignano ospita, fino al 9 settembre, la mostra di Nedko Solakov, artista che, in questa occasione, gioca anche il ruolo di curatore. Innescando un dialogo fra il proprio lavoro e quello dei colleghi.
La mostra di Nedko Solakov (Cherven Bryag, 1957) alla Galleria Continua di San Gimignano affronta una serie di “complessità”. La prima è quella di una visione resa difficile dalla pandemia e la necessità di rendere accessibile la mostra sia realmente che virtualmente.
La seconda è la labirintica qualità di una mostra di che apre una serie di temi interessanti.
The Artist-Collector’s Dream (a nice thing) è curata dall’artista stesso e contiene Some Nice Things to Enjoy While You are Not Making a Living, una sua grande installazione presentata nel 2008. Installazione che imprime la linea a tutta la mostra evidenziando il carattere confidenziale, ironico, accattivante e comunicativo dell’autore, che sembra voler smussare gli spigoli dell’arte contemporanea. Solakov sceglie di “mostrarsi/mostrando”, attraverso le sue preferenze su altri artisti, preferenze che indicano valori e aggiungono valori alla mostra stessa. Il doppio titolo definisce la possibile binarietà di letture per il visitatore, che si trova di fronte a una doppia istanza: la complessa lettura dell’autorappresentazione del lavoro di Solakov e gli ulteriori livelli interpretativi presentati dalle opere dei vari autori inglobate nell’idea generale della mostra e commentate da Solakov, che accanto a ognuna di esse lascia un commento scritto a mano, come “letter in a bottle”, inviato a stesso, agli altri artisti e al pubblico. Opere-ammirate, Opere-comprate, Opere-messaggio, tutte si impastano in un “testo” molteplice e sfuggente. Su ognuna si innesta una dichiarazione-racconto spesso più poetica che analitica.
GLI ARTISTI E LA MOSTRA A SAN GIMIGNANO
Monica Bonvicini, Geta Bratescu, Daniel Buren, Chen Zhen, Hans-Peter Feldmann, Ceal Floyer, Shilpa Gupta, Ilya & Emilia Kabakov, Anish Kapoor, Sol LeWitt, Andrei Monastyrski, Rudi Ninov, Dan Perjovschi, Raymond Pettibon, Carol Rama, Karin Sander, Roman Signer, Dimitar Solakov, Artur Zmiewski sono i numerosi artisti che prendono parte al progetto. La mostra si snoda in una serie di percorsi nella galleria, intavolando un dialogo immaginario con i visitatori come con gli artisti presenti; le opere sono acquistate da Solakov o prese in prestito da collezioni o gallerie a causa dell’impossibilità, per lui artista-collezionista, di acquistare a un prezzo troppo alto ‒ sedici lavori appartengono alla sua collezione e tre (quelli di Chen Zen, Anish Kapoor e Carol Rama) sono stati chiesti in prestito. Il lungo itinerario della mostra è sempre ritmato dal “basso continuo” delle riflessioni scritte irregolarmente a mano sul muro accanto all’opera: riflessioni, messaggi personali e privati, concetti generali. Pensieri che possono essere tributi come avviene con Carol Rama, di cui Solakov mette in mostra il disegno di un giovane nudo che si masturba e scrive accanto: “No, anche di quest’artista, purtroppo, non ho disegni… Adoro i suoi disegni erotici, la loro oscenità poetica e sublime”. Solakov “legge” gli altri artisti, come nel caso delle impronte delle mani di Peter Feldmann: “Che bellissima sensazione di assurdo nelle sue opere! Un po’ di luce e di massiccia ironia, mescolate a qualche lacrima di tristezza, tutto ciò condito con della saggezza genuina e alquanto comune, voilà un’opera d’arte che potrebbe non sembrare per niente comune, ma che rende la giornata migliore”.
LE OPERE DI NEDKO SOLAKOV
Le opere originali di Solakov sono raggruppate sotto il titolo della mostra del 2008 al Kunstmuseum Bonn Some Nice Things to Enjoy While You are Not Making a Living (esposta poi al Kunstmuseum St. Gallen nel 2009 e allo SMAK nel 2012) e fra esse spicca The Enclosure, una cabina insonorizzata, plastica e metallo, della misura di una cabina telefonica. Ci si aspetta una comunicazione, ma accade il contrario perché il “dispositivo” serve a sfogarsi, a gridare a tutta voce la propria rabbia, i propri dolori, senza che questo sfogo lasci traccia. Procede all’inverso The Calming Sound, grande bersaglio violentemente, sonoramente, assordantemente colorato e psichedelico, una violenta metafora visiva dell’immagine urbana e mediatica (e psicologica). A esso vengono collegate delle cuffie che trasmettono suoni della natura, canti di uccelli, rumori del vento, risacche di mare, un universo di calma e riflessione su cui si sta creando, intorno all’assordante rumore di fondo della società mediatica, anche una cultura alternativa, quella dell’ecologia. L’ironia appare sulla scena, come in tutto il suo lavoro, e il dispositivo diventa anche una osservazione critica dell’immagine della natura perfetta che l’ecologia contiene. La Combo Icon è un collage tridimensionale di tutti i simboli di fedi e religioni, montati in un’unica icona sontuosamente dorata, come uno stemma reale. Dice l’autore:” Godi l’adorazione di un’icona casuale, una ‘Combo Icon’. Tutte le maggiori religioni sono propriamente rappresentate; nessuno dei suoi simboli è negato da un altro. È un dispositivo insostituibile per situazioni di emergenza”.
La mostra procede come un diario dell’esperienza artistica sua e dei colleghi con cui ha sentito delle affinità e diventa un gioco di specchi confondente e affascinante che tende a ricreare complicità artistiche come nei (purtroppo scomparsi) “Caffè degli artisti”. In questa complicità ritrovata l’arte si riflette nell’arte, che si riflette nell’arte, che si riflette nell’arte in un’attraente operazione “en abyme”. Mentre la mostra di Solakov focalizza la centralità del formarsi della comunità artistica e il valore dello scambio anche fisico delle opere come dialogo fra gli autori, siamo nel momento più difficile per prevedere come questa fisicità si potrà ristabilire, quando la pandemia smetterà.
‒ Lorenzo Taiuti
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