Il debutto di Nicolò Masiero Sgrinzatto a Como
La Galleria Ramo, a Como, ospita la prima personale di Nicolò Masiero Sgrinzatto, artista impegnato in una indagine sul suono e la materia.
Rappresenta un esordio assoluto la personale di Nicolò Masiero Sgrinzatto (Padova, 1992) in una piccola galleria da pochi anni germogliata Como, cittadina dove al contrario per l’arte contemporanea (ma non solo quella) si sino fatti decisi passi indietro.
Lascia a bocca aperta dunque questa mischia di suoni, oggetti e materiali che l’artista ha per di più battezzato con termini veneti. Al centro della sala espositiva riverso sul pavimento c’è l’argàgno, che sta per “arnese” ma pure “ordigno”. Sgrinzatto ha una passione per le giostre da fiera e questa strana “pera”, costruita con metallo tagliato al laser e cunei di legni morbido segati a mano, rivela al suo interno un ammasso di cavi e per di più risuona, come fosse in azione. Ma non si capisce quale dovrebbe essere la sua funzione, né è previsto che debba funzionare.
LE OPERE DI NICOLÒ MASIERO SGRINZATTO
Sulla parete di fondo quattro elementi singoli ricavati da un pallet di legno riciclato sono disposti in verticale affiancati da altrettanti piccoli diffusori sonori: solo apparentemente funzionali, in realtà disegnano – tanto loro quanto i cavi neri che li collegano ‒ eleganti forme circolari perfettamente simmetriche. I pallet celano un marchingegno elettronico tarato per riprodurre il suono di una pallina di plastica che colpisce una lattina, esattamente come accade nello stand del tiro al bersaglio di una sagra di paese. I pallet nascondono anche sensori ottici che prendono di mira i visitatori: i solenoidi a questo punto scattano, percuotono il legno e le vibrazioni vengono amplificate. Il visitatore è lui stesso, dunque, il bersaglio. Sulla parete a destra invece Sgrinzatto ha disposto gli “gnari” (nidi) ricavati dalla fascettatura delle viscere di pneumatici dismessi. Simon David, il giovane gallerista della Ramo, racconta di averli venduto durante il vernissage a collezionisti provenienti dalla confinante Confederazione elvetica. Sgrinzatto raccoglie la sua materia prima sulla strada che giornalmente percorre per recarsi al lavoro. Sono scorze di copertoni depositatisi “naturalmente” sull’asfalto, che poi sfiletta riducendoli all’essenziale: ne ricava sottili cavi d’acciaio che rimangono coperti da uno strato sottile di gomma nera, ruvida e irregolare. L’effetto finale è davvero fuori dal comune
LA MOSTRA NELLA GALLERIA COMASCA
Sulla parete di sinistra della piccola galleria comasca si allineano poi sei pannelli di MDF che Sgrinzatto ha sistemato al sole sotto una lente d’ingrandimento fuori dallo studio che condivide con il padre, restauratore di dipinti, in particolare del Seicento. La luce li ha bruciacchiati appena, scavandone la superficie con solchi irregolari: una traccia del tempo che l’artista trascorre nello studio lì di fianco. Tórbio, il titolo della mostra, è l’unico aspetto che convince poco: il vocabolo definisce quello stato di annebbiamento post-sbronza da cui non sei ancora uscito del tutto. Ma il lavoro di Sgrinzatto, al contrario, appare meticoloso, a tratti (magnificamente) pignolo, per un allestimento dove all’elettronica si affianca la passione per il lavoro manuale. Di “torbio” qui non c’è proprio niente.
‒ Aldo Premoli
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