Nasce Zerial Art Project: nuovo modello di galleria anti-Covid? Intervista a Elisabetta Zerial
Si tratta di un nuovo format galleristico, con sede online e mostre itineranti che si svolgono in spazi sempre diversi. Ne abbiamo parlato con la sua giovane fondatrice, Elisabetta Zerial.
“Dopo aver maturato esperienze in importanti gallerie d’arte moderna e contemporanea e società di progettazione mostre sia in Europa che in Cina, da diversi anni ho anche parallelamente iniziato a lavorare come curatore indipendente, collaborando con artisti, enti pubblici e privati, collezionisti, cercando le location appositamente per i progetti e la creazione di mostre site specific. In questo mercato dell’arte, saturo, molto commerciale, mi sono con gli anni ormai allontanata da queste dinamiche. Ho sentito la necessità a 30 anni di voler lavorare con artisti emergenti internazionali, da un punto di vista curatoriale, di ricerca e sperimentazione, sia di posizionamento all’interno del mercato dell’arte, dando un taglio molto diverso concentrandomi sui contenuti piuttosto che sui contenitori”. A raccontarsi ad Artribune è Elisabetta Zerial, giovane gallerista figlia di un collezionista di Trieste e lei stessa collezionista, fondatrice di Zerial Art Project, un nuovo modello di galleria senza una sede fisica ma digitale con eventi pop-up che si svolgono in spazi sempre diversi. L’abbiamo intervistata.
Quando nasce il progetto?
A marzo 2019 ho aperto Zerial Art Project, la cui sede era la mia casa nel centro pieno di Venezia, a San Marco. L’alluvione di metà novembre (l’acqua ahimé era entrata in casa) e una Biennale ormai conclusa, hanno interrotto quel fil- rouge che mi legava a Venezia, e sono partita per un viaggio durato tre mesi in Zimbabwe, Africa. Lì sono entrata in contatto con le realtà culturali della capitale, Harare, tra gallerie, associazioni culturali e soprattutto studio visit. Incuriosita da un’arte così lontana dalla nostra cultura occidentale, e libera da ogni tipo di pregiudizio commerciale, fieristico ed economico ho mantenuto la mia linea di coerenza, cioè la ricerca e la sperimentazione. Così tornata in Italia, chiusa in casa durante il lockdown ho fatto una selezione e ho iniziato nuove collaborazioni con artisti africani, chiudendo contratti e sviluppando nuovi progetti per questo strano 2020.
Quali saranno gli ambiti artistici di riferimento della galleria?
Lavoro su diversi ambiti, soprattutto quello che concerne l’essere umano e la sua dimensione sociale e attuale, un po’ a tutto quello che manca in questa società capitalista e persa, al sentire. Per questo ho scelto anche di affacciarmi a nuovi mercati e linguaggi artistici iniziando nuovi progetti con artisti africani. L’arte porta con sé grandi responsabilità, e ha il grande vantaggio di creare dubbi, riflessioni, quesiti, proporre soluzioni, o semplicemente farci abbandonare i sensi in altre dimensioni, estetiche o meditative. Credo che l’arte abbia sicuramente un valore sociale aggiunto, oggi più che mai in questa società ne abbiamo bisogno.
E i suoi obiettivi?
Zerial Art Project si pone come obiettivo la creazione di mostre e progetti stimolanti per la sperimentazione, la discussione e lo sviluppo degli artisti mantenendo la loro indipendenza di pensiero e di ricerca, sostenendo l’arte e la sua democratizzazione come motori di sviluppo culturale.
Quali sono i programmi espositivi per il 2020?
Venerdì 3 luglio, in uno spazio privato a due passi da Piazza della Signoria a Firenze, è stata inaugurata la mostra personale Love or Fear? What do you feel? dell’artista triestino Paolo Cervi Kervischer. La tematica affrontata è quella della riabilitazione post quarantena, come ci si può sentire, con questo straniamento e con questa quotidianità profondamente diversa dal “prima”, l’artista cerca di aprire gli occhi alla società con la sua pittura e ci pone un quesito, che cosa vogliamo sentire? Amore o paura? Poi, due importanti mostre a Palermo che per il momento sono sospese a causa dell’emergenza Covid-19, e un progetto di valorizzazione urbana per la città di Trieste, dove la mostra sarà satellitare, mapperemo con installazioni e opere d’arte contemporanea la città.
C’è in futuro l’idea di dare alla galleria una destinazione fisica?
Sono rientrata dall’Africa in Italia appena pochi giorni prima del lockdown con la volontà di aprire la mia sede fisica a Trieste, la mia città natale. Aspetto il momento più opportuno per aprire, visti i tempi che corrono, non potendo fare calcoli di probabilità con questa emergenza vista anche la crisi economica che a livello globale stiamo attraversando. Questo settore, e soprattutto gli artisti, vanno sostenuti trovando sempre nuove soluzioni. Per il momento Zerial Art Project esiste online, ma mi piace pensarla, con questa crisi da corona virus, come una galleria itinerante.
– Claudia Giraud
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