È morta l’artista e curatrice Maria Rebecca Ballestra. L’ecologia al centro della sua ricerca
Suoi i progetti Journey to Fragility e il Festival for the Earth. Da sempre, anticipando i tempi, la Ballestra era impegnata attivamente in tematiche ambientali e sociali, protagoniste nella sua ricerca.
È mancata a soli 46 anni l’artista e curatrice Maria Rebecca Ballestra (Ventimiglia, 1974) da anni impegnata in una complessa ricerca che affrontava tematiche sociali ed ambientali. Ad annunciarlo i suoi cari sul profilo Facebook dell’artista che da domenica 9 agosto trasmette lo sconcerto di chi la conosceva, la stimava e le voleva bene.
CHI ERA MARIA REBECCA BALLESTRA
Generosa, sempre attenta al lato umano delle cose e ricettiva agli stimoli provenienti da altre culture, la Ballestra non era solo una artista ma anche una figura propositiva nel panorama dell’arte contemporanea costruendo progetti e importanti network internazionali. Si autodefiniva nomade; aveva viaggiato molto visitando gli Stati Uniti, il Brasile, la Cina, Taiwan, Africa e da tutti questi itinerari intrapresi per motivi personali e professionali aveva acquisito nuovi sguardi, tradotti poi in operazioni site specific, video e performance. Tra i suoi progetti più importanti Journey to fragility, un viaggio che si interrogava in 12 tappe, durato due anni e conclusosi in Laguna in occasione della 56. Biennale di Venezia, una riflessione sulle condizioni di salute del nostro Pianeta che anticipava notevolmente i tempi su argomenti oggi imprescindibili. Nel 2014 fonda con l’artista Rachela Abbate la piattaforma collaborativa Social Soupsche poneva il cibo al centro del discorso artistico, politico, sociale. Del 2015 è invece il Festival for the Earth,realizzato con l’Università di Ca’ Foscari, che metteva insieme arte, cultura ed ecologia nello studio e analisi di modelli sostenibili.
ECHOES OF THE VOID: I DESERTI
Del 2016 infine il progetto in 13 tappe Echoes of the Void sui più grandi deserti del mondo, raccontati in chiave geologica, spirituale, ambientale e politica, dalla Corsica alla Namibia, sempre con Ca’ Foscari. “In un momento di profonda crisi”, aveva raccontato su Artribune ad Arianna Testino, “non solo ambientale, gli artisti possono offrire, attraverso la loro creatività e capacità immaginativa, nuovi orizzonti di pensiero. Possono mettere a disposizione della collettività nuovi modelli di sviluppo, immaginando “futuri possibili”. In ogni momento storico di stagnazione, e ancora di più oggi in cui si aggiungono delle urgenze improrogabili come quella ambientale, abbiamo l’opportunità di ripensare profondamente i parametri della nostra civiltà, possiamo ridiscuterli, re-immaginarli, e in ciò gli artisti possono contribuire con la loro visione creativa. Per questo motivo molti dei miei progetti sono collaborativi e partecipativi. Credo profondamente che la nostra epoca offra all’arte un ruolo importante nella società, se questa è in grado di uscire dei confini, spesso troppo rigidi e pre-definiti del “sistema dell’arte”.
DA ARTISTA A CURATRICE
Nel 2017 ci aveva raccontato entusiasta un nuovo progetto, che la vedeva impegnata a fianco di Caterina Gualco come co-curatrice nella organizzazione della programmazione sperimentale della galleria Unimediamodern di Genova. “Questa cooperazione”, ci aveva detto,“è stata la naturale evoluzione del nostro rapporto che nasce su profonde affinità. La galleria è da sempre attenta alla ricerca, soprattutto nel campo dell’arte trans-disciplinare ed è quindi molto vicina al mio lavoro d’artista”. Collaborazione che aveva avuto il suo esordio nella partecipazione ad Artissima 2017, nella sezione Back to the Future, con una personale di Philip Corner e in galleria con una personale dell’artista brasiliano Fabio Tremonte nel 2018.
–Santa Nastro
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