Scultura ieri e oggi. Alberto Gianfreda a Gallipoli
Nel Museo Civico Emanuele Barba di Gallipoli, tra i reperti archeologici di epoca messapica e romana, un grande esemplare osseo di una balenottera e una cospicua biblioteca non consultabile, si scoprono le sculture morbide di Alberto Gianfreda.
A Gallipoli il piccolo Museo Civico Emanuele Barba ospita una collezione eccentrica, un’autentica wunderkammer d’altri tempi composta da varie sezioni ‒ numismatica, malacologia, talassologia, zoologia, mineralogia, ornitologia e altri reparti come quelli dedicati alla pittura, agli abiti d’epoca del XVIII secolo, alle armi, alle sciabole, alle maioliche e alle ceramiche sei- settecentesche.
Tra le opere del museo disposte nell’unico grande ambiente espositivo, e le teche ottocentesche che caratterizzano la Collezione Ravenna, si inseriscono con discrezione le ceramiche frantumate e ricomposte di Alberto Gianfreda (Desio, 1981). L’artista, che presenta un’elaborata ricerca scultorea di indole polimaterica (marmo, legno, ferro, bronzo e ceramica), indaga il dato plastico con un processo di attenzione e ricostruzione visiva legato ai fenomeni socioeconomici e identitari dell’opera.
GIANFREDA E LA SCULTURA
Le sculture di Gianfreda sono frammenti di vasi cinesi riuniti parzialmente attraverso uno speciale metodo di assemblaggio morbido, realizzato con catene di ferro, un’operazione artistica e laboratoriale che rigenera e nobilita l’oggetto industriale in un linguaggio compositivo e formale inedito, dal valore culturale e architettonico. Mirabilia è una mostra che costituisce un esempio di integrazione silente e condivisa tra passato e presente, un momento di riflessione che pone l’arte contemporanea e il patrimonio storico- artistico di una città al centro di un percorso interdisciplinare.
‒ Giuseppe Amedeo Arnesano
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati