La verità nei rapporti tra le cose. Le fotografie di Carlo Benvenuto a Rovereto
Al MART di Rovereto una retrospettiva dedicata alle fotografie dell'artista piemontese Carlo Benvenuto, inclassificabili e perciò originali. Un'opera sommessa ed eloquente, che vive di rapporti tra gli oggetti quotidiani.
Respingere qualsiasi definizione è un’ottima qualità per un’opera d’arte. Le fotografie di Carlo Benvenuto (Stresa, 1966; vive a Milano), protagonista di una personale al MART, fanno esattamente questo. Non sono “pittoriche” in senso pieno, per prima cosa: l’ambiguità va oltre il mero gioco fotografia-pittura, creando una dialettica molto più frastagliata.
Né sono morandiane, pur vivendo di oggetti ed esplorandone in un certo senso la dimensione metafisica (non è un caso che l’opera di Morandi inserita in mostra sia un ritratto e non una natura morta – gli altri due autori che si affiancano a Benvenuto, da lui scelti, sono Guttuso e de Chirico).
E non sono neanche definibili “suggestive” come sembrano a un primo sguardo: nel senso che l’impatto visivo straniante, effettivamente molto forte, si stempera dopo poco in una dimensione che ha tanto di sensoriale quanto di intellettuale.
LE SOTTILI VARIAZIONI DI BENVENUTO
Uno specchio su un tavolo, un bicchiere che fluttua nel vuoto, un punto di luce che sovrasta un tavolo creando un tramonto tanto artificiale quanto “vero”, due strumenti musicali che diventano gemelli reggendosi in equilibrio a vicenda: questi sono i soggetti protagonisti delle opere di Benvenuto, ai quali una mera descrizione non rende merito.
Meglio immergersi in esse come accade nella mostra al MART, realizzata con grande cura. Perché riunisce le opere in ciascuna sala secondo assonanze sufficientemente vaghe per non essere didascaliche, dando vita a una successione di sottili variazioni lungo il percorso. Fino al “fuori programma” della stanza dedicata all’autoritratto – in senso quanto mai anticonvenzionale: è tutta questione di riflessi e l’effigie dell’artista compare sommessamente solo in un piccolo dipinto (in mostra, alla prevalenza delle foto si affianca la presenza di scultura e pittura, gli altri mezzi espressivi praticati da Benvenuto).
BENVENUTO E LA FOTOGRAFIA
Lo spettatore viene catturato in una rete di movimenti statici perfettamente orchestrati ma precari e ambigui. Ci si interroga per un po’ su verosimiglianza e surrealtà, su “chi” (l’autore, il caso, il nostro occhio) abbia posto gli oggetti in tali relazioni incongrue ma “perfette”, sulla tecnica (analogica, detto per la cronaca) e sullo strumento (il banco ottico). E poi ci si lascia andare al percorso visivo che ogni fotografia contiene. E alle sensazioni tattili suscitate dalle fotografie grazie alla loro “grana” ambigua, che genera domande: appartiene all’immagine o all’oggetto? Rappresenta la verità dell’oggetto che emerge grazie alla scala 1:1, oppure essa si crea internamente all’opera?
Guardando le fotografie si entra in una dimensione allo stesso tempo scintillante ed elegantemente dimessa, sommessa e proprio perciò eloquente. Gli oggetti in sé rinunciano a parte della loro forza per lasciare spazio alla relazione tra le cose, che è il punto centrale. E in queste relazioni risiede la verità presente nell’opera di Benvenuto, al di là di realismi di sorta, paragoni o verosimiglianze.
‒ Stefano Castelli
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