La scultura di Umberto Mastroianni sul mare di Lipari
Una nuova mostra temporanea dedicata allo scultore Umberto Mastroianni, al Parco Archeologico delle Isole Eolie, fino a novembre, ripercorre le principali fasi della scultura del secolo scorso. Un viaggio attraverso il Novecento: dai modelli classici a quelli del Futurismo, dal Cubismo all'Informale, dal figurativo all'astratto.
L’esposizione, curata da Giordano Bruno Guerri, è pensata negli spazi aperti del Museo Bernabò Brea, proprio per venire incontro alla vocazione di Umberto Mastroianni (Fontana Liri, Frosinone 1910 – Marino, Roma 1998) di immaginare le opere ispirandosi “alle alture e alla natura“, ma anche negli interni, dove quelle possono dialogare con la nuova ala dedicata al contemporaneo ma anche con i celebri reperti antichi: la tazza di Filo Braccio (Filicudi, 2300-1700 a.C.) rappresentante un uomo, il mare, delle imbarcazioni stilizzate, in una delle prime testimonianze figurative della preistoria italiana; la pittura vascolare del Pittore di Lipari (300-270 a.C.), che scardinò le regole cromatiche del suo tempo; le teste di terracotta coi tipi della commedia di età tardo classica ed ellenistica.
All’arte classica guardano alcune delle sculture in esposizione temporanea, “I miei maestri sono stati Fidia, Michelangelo e Boccioni” diceva Umberto Mastroianni. L’idea di armonia ed equilibrio, nella sua ripresa rinascimentale, viene completamente sconvolta dalle avanguardie introducendo una dissoluzione completa della forma, data dal movimento e dalla velocità che travolgono le ultime opere. La scultura di Mastroianni nasce sfidando il tempo, come lo facevano i bronzi dell’antichità, e trova una culla naturale in questo luogo preposto all’archeologia e immerso nella natura.
GLI SPAZI DEL MUSEO
Lorenzo Zichichi, presidente del Centro Studi Umberto Mastroianni, rinnova così la collaborazione con il Museo di Lipari portando alcune opere in bronzo e altre in acciaio dello scultore nelle varie sezioni del complesso, soprattutto nelle ex carceri, proprio dove cinque anni prima aveva curato la mostra Mare Motus, che aveva aperto al contemporaneo il Museo archeologico Bernabò Brea. Le sculture si snodano dunque negli edifici storici del polo, nei corridoi all’aperto e all’interno delle sale, progettate grazie a un finanziamento europeo nel 2015, con interventi permanenti site specific di Gonzalo Borondo, Riccardo Monachesi, Mimmo Paladino, Piero Pizzi Cannella, Tahar Ben Jelloun, Maurizio Savini, Fabrizio Plessi, Carlo Gavazzeni Ricordi, Alessandra Giovannoni, Fathi Hassan, Igor Mitoraj, Matteo Basilé, Teresa Emanuele, Carin Grudda, Gregorio Botta e Maria Elisabetta Novello.
LE DICHIARAZIONI DEL DIRETTORE DEL PARCO ARCHEOLOGICO
Questa mostra ha dato nuovo impulso ai visitatori per tornare al museo o per visitarlo scoprendo un’altra ala compresa negli edifici di questa vasta rocca-museo sovrastante il mare, dove in un susseguirsi stratigrafico di dominazioni il pubblico può comprenderne la storia. Dal Neolitico a oggi una storia ininterrotta del Mediterraneo, fatta di viaggi, migrazioni, incontri, oggetti d’uso comune, bellezza ma anche atrocità, che l’arte di ogni tempo racconta. Il direttore del Parco, Rosario Vilardo, dichiara che il futuro del classico è proprio nel suo dialogo con il contemporaneo. Quest’anno durante la chiusura primaverile nei mesi di quarantena per il Covid, lo staff di Vilardo si è dedicato alla comunicazione, alla didattica, alla nuova pannellistica, senza alterare l’innovazione e la genialità degli allestimenti dei padri (padre e madre) fondatori: Luigi Bernabò Brea e Madeleine Cavalier. In attesa dei fondi e dell’autonomia di spesa per sostenere questi e altri progetti per il futuro.
‒ Mercedes Auteri
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