Napoli. Alla Fondazione Morra Greco c’è una rassegna di film e video
La Fondazione Morra Greco dedica una mostra alle opere video, ripercorrendo le trasformazioni che la videoarte ha attraversato nella cultura contemporanea con l’evolversi della tecnologia, dell’estetica, della cultura visiva e delle pratiche artistiche.
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Provenienti dalla Collezione Morra Greco e selezionate da Alessia Volpe, le opere in mostra a Napoli affrontano diverse modalità tecniche e di narrazione, da film in 16 mm a diapositive in 35mm, da installazioni video a proiezioni digitali, riempiendo i tre piani del Palazzo Caracciolo di Avellino.
COSA SIGNIFICA VIDEOARTE
Le produzioni video, pur basandosi sullo schema linguistico del cinema, evadono dal sistema semantico cinematografico in cui lo spettatore è passivo ed entrano nei territori della ricerca, della contaminazione e della mescolanza cromatico-sonora.
Il video è un vedere e guardare oltre, un dispositivo che scardina il rapporto spazio/tempo, andando oltre la superficie e divenendo il luogo in cui il corpo umano si fa fantasma e diviene immateriale.
LA RASSEGNA ALLA FONDAZIONE MORRA GRECO
La rassegna presentata dalla Fondazione Morra Greco mette in scena il video come mezzo d’indagine della società e prospettiva visionaria del rinascimento dell’immaginazione, un novum che mescola e complica il rapporto tra realismo e finzione.
I video sono stati prodotti dalla fine degli Anni Novanta fino ai primi Anni Zero da artisti che hanno creato una storia e un’estetica del mezzo; per citarne alcuni: Jonas Mekas, Mark Leckey, Christian Jankowski, Jeremy Deller, Candice Breitz.
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Jonas Mekas, Elvis and Wein & Mozart, 2001. Courtesy Collezione Morra Greco, Napoli. Photo Maurizio Esposito
GLI HIGHLIGHT CON MEKAS E LECKEY
Partecipante attivo di un’esperienza sensoriale, lo spettatore che si trova dinnanzi a Elvis and Wein & Mozart di Jonas Mekas compie un viaggio nella memoria dell’artista, attraverso salti temporali e imperfezioni sonoro-visive che uniscono l’ultimo concerto di Elvis, Vienna e Mozart.
L’uso prepotente della musica come colonna portante d’un montaggio attento al ritmo si ritrova in Fiorucci Made Me Hardcore di Mark Leckey, un collage panoramico della cultura notturna britannica Anni Settanta, Ottanta e Novanta, a metà tra documentario sociale e reinterpretazione del reale, che intreccia cultura pop, tecnologia e questione di classe.
UNA FRUIZIONE FRAMMENTATA
Lo spettatore del video non ha bisogno di fermarsi e guardare sequenzialmente i filmati diffusi nelle sale della fondazione. Può entrare e uscire quando vuole dalle opere, come un flâneur, che nell’errare cattura ciò che non è fatto per essere narrativamente mostrato, ma la realtà costantemente manipolata e manipolabile.
– Francesca Blandino
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