Banksy a Roma. Fra protesta e brand
Anche il Chiostro del Bramante di Roma ospita una mostra dedicata al misterioso Banksy, lo street artist che non smette di far parlare il mondo intero.
Avrebbe dovuto essere allestita lo scorso marzo, in pieno lockdown, Banksy. A Visual Protest, la mostra appena inaugurata e aperta fino all’11 aprile 2021 al Chiostro del Bramante, a Roma. Dopo le due esposizioni di Genova e Ferrara e in vista di quella di Palermo, che inaugurerà il 7 ottobre, la mostra romana su Banksy si segnala “sulla carta” per almeno due motivi: le 90 opere esposte sono tutte certificate dalla Pest Control, la società autorizzata ad autenticare le opere dello street artist britannico; e il percorso si snoda all’interno di uno dei palazzi cinquecenteschi più prestigiosi di Roma, che ha ospitato di recente la mostra su William Turner e quella su Bacon e Freud. Inoltre, nell’anno dell’anniversario della morte di Raffaello, l’occasione si presta al confronto fra il famoso storyteller dei nostri tempi Banksy e il sublime interprete del Rinascimento; complice la vista dell’affresco delle Sibille e Angeli della quale si può godere da una saletta adiacente al percorso dell’esposizione.
BANKSY, L’ARTE E IL COMMERCIO
Su Banksy è stato detto davvero quasi tutto. Come è nota la sua pervicacia nel mantenere l’anonimato, così è risaputo che lo street artist è contrario alle mostre e alla commercializzazione delle sue opere. Al tempo stesso, Banksy ha dichiarato che l’arte dev’essere accessibile a prezzi contenuti e forse una mostra può essere il veicolo giusto per avere un’idea del suo genio creativo. Devono averla pensata così anche le decine di persone di tutte le età e nazionalità in fila per il biglietto nella Roma svuotata dai turisti.
LE OPERE DI BANKSY
Il percorso inizia con una serie di serigrafie (provenienti da gallerie o collezioni private) che riproducono alcune delle sue famosissime opere di strada. Dalla Girl with Balloon apparsa su un muro nel 2002 (ma che fu battuta per un milione di sterline in un’asta del 2018, per poi essere distrutta a sorpresa da un trita documenti nascosto dietro il quadro) ai ratti, veloci e notturni come gli street artist; dall’irriverente Monkey Queen, che ritrae una scimmiesca regina del Regno Unito, alla Toxic Mary, Madonna dal latte tossico per il suo bambino. Non mancano le serie delle “Soup Can”, i barattoli di zuppa ispirati al lavoro di Andy Warhol, e l’omaggio a Keith Haring in Choose Your Weapon, nelle versioni gialla e rosa. In una nicchia è allestita Welcome Mat / Gross Domestic Product Installation, che ha per tema l’accoglienza dei migranti, installazione esposta in un negozio temporaneo chiuso al pubblico, organizzato da Banksy nel 2019 a Londra.
DALLA MUSICA ALLA STREET ART
Nella mostra vengono ricordate le origini della Street Art e dello stesso Banksy, un immaginario che affonda le radici nei manifesti del maggio francese del 1968 e, per l’artista britannico, anche nel mondo musicale trip-pop: all’inizio della sua carriera Banksy fu ispirato dal leader dei Massive Attack e chiamato da gruppi musicali come i Blur per disegnare le copertine dei loro dischi, alcune delle quali sono esposte a Roma.
In una saletta, sulla cui porta d’ingresso campeggia lo stemma cinquecentesco del Cardinale Carafa, è proiettato il video che mostra alcune delle principali opere di strada di Banksy, quelle che qualcuno ha persino provato a staccare dai muri, ma che di solito sono visibili solo sul luogo in cui sono state eseguite. In Italia, a Venezia o a Napoli.
L’ultima sala riprende il titolo della mostra stessa, A Visual Protest, e contiene lavori iconici: da Jack & Jill, opera scelta come immagine guida dell’esposizione, al famoso Flower Thrower, il lanciatore di fiori riprodotto nel 2003 anche su un muro in Palestina; quasi a suggerire che la protesta non fa poi così male.
‒ Letizia Riccio
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