Come prima, meglio di prima. La nuova mostra della galleria Massimo De Carlo a Milano
La galleria Massimo De Carlo, a Milano, torna sotto i riflettori con una mostra collettiva che innesca un dialogo fra artisti – della propria scuderia e non – attivi nell’arco degli ultimi cinquant’anni.
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Il confronto tra generazioni artistiche è sempre molto stimolante e oggi, in un’epoca in cui si guarda con incertezza al presente come al futuro, rassicura poiché offre saldi punti di riferimento non solo agli artisti ma anche ai fruitori dell’opera.
La Galleria Massimo De Carlo, con la prima esposizione autunnale, Come prima, meglio di prima, si pone in questa prospettiva metastorica facendo dialogare alcuni degli artisti della sua scuderia – sia sul piano di sintonie che su quello di autonomie se non, addirittura, distonie espressive ‒ con altri non strettamente legati all’attività della galleria. Gli artisti presentati da Massimo De Carlo – Gianfranco Baruchello, Carla Accardi, Marisa Merz, Gian Domenico Sozzi, Massimo Bartolini, Pietro Roccasalva, Diego Perrone, Paola Pivi ‒ appartengono tutti allo scenario nazionale, con gap generazionali fra gli Anni Venti del Novecento e i Settanta, ma coprono con le loro opere lo stesso arco cronologico: gli ultimi cinquant’anni.
GLI ARTISTI IN MOSTRA DA MASSIMO DE CARLO
Apre la rassegna Massimo Bartolini con plinti in marmo site specific che, come proiezione tridimensionale di aeroplanini cartacei, si radicano al suolo instaurando un colloquio prezioso con gli intarsi marmorei di palazzo Corbellini-Wassermann, opera degli Anni Trenta di Piero Portaluppi. A questi fa da contraltare, come destabilizzante connubio formale e materico, l’opera a parete On the rocks (2019), in cui sono accostati pittura blu notte, di occulto soggetto paesaggistico, e un frammento di roccia. Segue il monumentale Cilindro-Cono (2013) di Carla Accardi che si compenetra, grazie alle sue trasparenze, con due installazioni di Paola Pivi che all’artista siciliana è legata da un rapporto di “sudditanza” intellettuale (ha affermato in passato: “Carla Accardi è la mia guru”). Di Marisa Merz ‒ oltre che un’opera su carta e una piccola scultura in gesso e acciaio – appare una sorta di volto “emulsionato” che, emergendo da una base di metallo, si lega in un complesso rapporto di analogie con i grandi “scudi” in alluminio di Gian Domenico Sozzi. Questi, evolvendo da un oggetto della quotidianità (lo specchietto retrovisore), si pongono come ambigue riflessioni di metafore contemporanee.
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Diego Perrone, Senza Titolo, 2020, cera e metallo. Courtesy Massimo De Carlo
PERRONE, ROCCASALVA E BARUCHELLO
Entrambi nati nel ’70, Diego Perrone e Pietro Roccasalva ‒ l’uno sperimentatore di cere e disegni a biro densi di inquietanti allusioni pop, l’altro autore di dipinti magnetici, colti e dalla sicilianità surreale, si confrontano con il quasi centenario Gianfranco Baruchello il quale ‒qui presentato da due delle sue “scatole-vetrina” che ne sintetizzano l’articolato pensiero tra analisi del linguaggio e note socio-antropologiche ‒, pose le basi dell’arte contemporanea.
Con lui il cerchio si chiude, sia nello spazio espositivo che nell’excursus cronologico.
‒ Alessandra Quattordio
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