Una cascata d’oro in Piazza San Marco. Il nuovo intervento di Fabrizio Plessi a Venezia
I Musei Civici di Venezia ripartono, dopo l’acqua granda dello scorso novembre e il lungo lockdown, nel segno della luce. Dall’1 settembre al 15 novembre, le finestre del Museo Correr faranno da cornice alla installazione digitale di Fabrizio Plessi: un inno alla pace e al valore dei sogni come antidoti all’incertezza del presente
Sono trascorsi vent’anni da quando Fabrizio Plessi (Reggio Emilia, 1940) scelse Piazza San Marco per dare forma all’installazione Waterfire, scavando nel solco di una indagine – quella sugli elementi primigeni della natura e sui contrasti da cui sono animati – che guida da sempre la sua ricerca. Un ventennio dopo l’artista torna nel “salotto” di Venezia con un nuovo intervento, sintesi della tendenza, come lui stesso sottolinea, a “lavorare sul futuro e convivere con il passato”.
L’ETÀ DELL’ORO SECONDO PLESSI
L’Età dell’Oro, l’opera luminosa ideata per le finestre del Museo Correr, richiama alla mente, sin dal titolo, i fasti e la magnificenza di epoche mitologiche e lontane, ma anche le tracce bizantine nei mosaici e nelle architetture di cui Piazza San Marco è custode. Eppure, in quell’oro liquido, quasi tangibile nel suo scorrere, perdono consistenza e si sciolgono due parole chiave per la storia veneziana: Pax Tibi, incipit della iscrizione riportata sul Vangelo che il leone – simbolo della Serenissima – tiene fra le zampe. Il passato della Storia e il presente della tecnologia sembrano incontrarsi, e il punto di raccordo sta in quella pace introdotta da Plessi nella sua opera all’indomani di una emergenza globale senza precedenti. Una risposta all’oggi, dunque, e un omaggio alla città che ha accolto un Plessi quattordicenne e ne ha plasmato lo spirito, al punto da diventare per lui “uno stato d’animo”.
LA MOSTRA A CA’ PESARO E L’INSTALLAZIONE IN PIAZZA SAN MARCO
Ideata come parte integrante della retrospettiva che Ca’ Pesaro dedicherà all’artista – la cui inaugurazione, ancora da definire, ha subito gli effetti di un annus horribilis ‒, L’Età dell’Oro ha cambiato aspetto, includendo fra le sue pieghe l’eco di un tempo mutevole – fluido, al pari della materia che la compone – e un ritorno sonoro restituito da Michael Nyman, autore della trama acustica che accompagna il lavoro di Plessi. Piazza San Marco diventa così la “sinfonia” evocata dall’artista per descriverla e lo sfondo più adatto per “alzare la temperatura emozionale della tecnologia”, mezzo silenzioso ma dirompente usato da Plessi fin dai tempi in cui pochi ne intuivano le potenzialità.
TECNOLOGIA E MEMORIA NELL’OPERA DI PLESSI
L’Età dell’Oro prende possesso della piazza, la riempie e la svuota, in un loop digitale che rimbalza su architetture reali, senza scalfirne la struttura, ma adattandosi pazientemente a esse – ogni finestra del Museo Correr è diversa dall’altra, ha spiegato Plessi durante la conferenza stampa, dunque ogni led è stato ricalibrato in base alle dimensioni della cornice che lo ospita e montato sfruttando la logica della pressione. Se la fedeltà ai materiali e l’importanza della memoria sono i capisaldi della pratica di Plessi, L’Età dell’Oro ne è la conferma, disegnando un nuovo tassello nella carriera di un artista che si definisce un “navigatore solitario”, ma che ha dato al proprio stile una impronta ben riconoscibile e dagli esiti dichiaratamente vincenti.
‒ Arianna Testino
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