Le nature vive di Franco Vimercati. A Milano
Tre decenni di scatti in mostra: un percorso coerente di forma e contenuto che scardina i pregiudizi sull’immagine e sull’oggetto, nonché sulla fotografia. La ripetizione e la variazione svelano la natura aleatoria del tempo nelle opere di Franco Vimercati in mostra alla galleria Raffaella Cortese a Milano.
Davanti alle opere di Franco Vimercati (Milano, 1940-2001) bisogna necessariamente scordarsi delle espressioni che spesso, quasi automaticamente, vengono associate alla natura morta contemporanea: niente “poesia del quotidiano”, dunque, niente “magia degli oggetti”. Perché Vimercati è stato un autore appartato ma completamente privo di provincialismo e perché il campo espressivo da lui aperto con le sue opere è “assoluto” e del tutto autonomo (molto più che fotografico, dunque).
Lo dimostra la personale che gli dedica la galleria Raffaella Cortese, mostra che celebra i venticinque anni della galleria e il rapporto di lunga data con l’artista (la prima mostra della galleria, nel 1995, fu proprio di Vimercati).
L’IMPORTANZA DEL PRETESTO PER VIMERCATI
Nei tre spazi di via Stradella si sviluppa una vera e propria piccola antologica, divisa per decenni (con qualche rimescolamento che fa dialogare i diversi periodi e contribuisce all’esattezza dell’allestimento). Dagli Anni Settanta ai primi Duemila si sviluppa una ricerca che non si smentisce mai, nemmeno nelle variazioni.
Gli oggetti fotografati godono della massima centralità essendo trattati come protagonisti assoluti, in un certo senso con la dignità che si potrebbe attribuire alla figura umana. Ma la loro stessa presenza è anche collaterale e felicemente pretestuosa: serve ad aprire uno spazio fatto di significato e di forma che prescinde dal singolo oggetto e che è tanto credibile da sembrar continuare anche nel fuoricampo.
Il linguaggio utilizzato in questi scatti è scarno, ritroso, ma non essenziale come potrebbe sembrare: tutti gli elementi accessori sono fondamentali (luce, posizionamento, ambiente, “sporcature”, sbeccature, riflessi…) e si sommano creando una gamma espressiva ricca pur nella continenza.
LE FOTOGRAFIE DI VIMERCATI
Nelle serie di scatti dello stesso soggetto, contrassegnati da piccole variazioni, avviene una registrazione del tempo che è sì metodica, ma non “scientifica” né completamente decifrabile. E anche nelle opere più decisamente concettuali la ripetizione differente di uno stesso soggetto segue dinamiche aperte, lievi e non claustrofobiche.
LONTANO DALLA FOTOGRAFIA CONCETTUALE
Vimercati si differenzia anche dalle ricerche a lui più vicine, come ad esempio la fotografia concettuale Anni Settanta. Le sue opere inducono una sorta di rieducazione dello sguardo, che dev’essere privo di condizionamenti e di coordinate già sperimentate. Ma questo sguardo “puro” non contiene un briciolo di idealismo, e vive anzi di scarti, variazioni e deviazioni che negano la possibilità di una visione letterale.
‒ Stefano Castelli
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati