Il progetto di Gianni Politi e di 19 artisti romani. Forse una risposta alla Quadriennale?
Si chiamerà “Insieme” la mostra a cura di Gianni Politi con le opere di 19 colleghi sulle Mura Aureliane installate grazie al sostegno di Ghella. Gli artisti romani esclusi si organizzano la loro Quadriennale? L'ipotesi di Alessandra Mammì
Roma. San Lorenzo, quartiere popolare di studenti, artigiani e artisti. Nella metà di via dei Rutoli, una strada stretta di casupole che sfocia dritta contro sulle antiche Mura Aureliane che nel cannocchiale della viuzza sembrano ancora più possenti, c’è lo studio di Gianni Politi, pittore. Rifugiatosi lì nel lockdown di primavera, tutti i giorni nel silenzio del globale isolamento sognava di sfondare quel muro. Ed essendo pittore pensava di sfondarlo appendendoci un quadro per aprire insieme a quel confine anche la sua mente e quella del resto del mondo imprigionato nella clausura della pandemia. Ma certe imprese non si fanno da soli….
ROMA: L’ISOLAMENTO DEGLI ARTISTI
È così che oggi Gianni Politi racconta come e perché il pittore si è trasformato in curatore di un progetto condiviso con altri 19 colleghi, più la Sovrintendenza, l’appoggio del Macro, un “coordinatore delle immagini” (Matteo d’Aloja), un desiderio di rivendicare la contemporanea vitalità creativa di una città a suo parere sottovalutata e il bisogno di spezzare l’isolamento in cui si trovano spesso condannati gli artisti. Non lo dice espressamente ma che ci sia una polemica nei confronti dell’incipiente Quadriennale è nei fatti: le date 21 ottobre/30 novembre che si accavallano, la ripetizione del titolo“Insieme, Insieme, Insieme“ nella comunicazione che risponde al “Fuori, Fuori, Fuori” della mostra al Palazzo delle Esposizioni, la presenza di artisti dal profilo nazionale e internazionale, ma quasi tutti esclusi dalla selezione istituzionale, e la traccia di una protesta che animò gli artisti romani quando fu resa pubblica la selezione dei partecipanti (romani pochi) al grande evento che dal 1931 ogni quattro anni (salvo edizioni sospese e saltate) dovrebbe fare il punto della ricerca artistica italiana. Da qui la reazione e lo stringersi a coorte intorno al muro e a un ritrovato spirito di comunità
INSIEME: GLI ARTISTI
Il catalogo è questo: Maurizio Altieri, José Angelino, Micol Assaël (lei però nella lista della Quadriennale c’è!), Elisabetta Benassi, Joanne Burke, Alessandro Cicoria, Stanislao Di Giugno, Rä di Martino, Giuseppe Gallo, Vostok Lake, Emiliano Maggi, Marta Mancini, Andrea Mauti , Nunzio, Lulù Nuti, Alessandro Piangiamore, Gianni Politi, Pietro Ruffo, Delfina Scarpa. Nomi noti e quasi tutti “viventi e lavoranti” a Roma. Tutti, poi, pronti a sfidare il clima, le intemperie, la precarietà di un luogo senza recinti e protezione dove appendere le proprie opere in balia dei venti e degli eventi. “L’allestimento è stato ideato per essere una macchina teatrale invisibile” spiega d’Aloja. “Ci siamo imposti dei limiti, tra cui la mancanza di copertura che espone le Opere alle intemperie. La libertà di esporre all’aperto permette di apprezzare i lavori secondo le diverse luci del giorno e della notte. Alla fine della loro esposizione saranno mutate, danneggiate o semplicemente alterate. Sarà interessante vederne il costante cambiamento”.
LA MOSTRA FUORI DAL PALAZZO
Siamo fisicamente fuori dal Palazzo, da ogni palazzo, in una singolare riedizione del Salon des Refusés, che peraltro è citato chiaramente nelle note di regia da Matteo d’Aloja. E anche se da qui non nascerà un nuovo Impressionismo è interessante fenomeno di risposta al cupo spirito dei tempi. Perché non ci sfugge che dietro a questa corale iniziativa dove si invoca anche l’orgoglio della città Eterna (“Roma, che sembra respingere le incursioni dei contemporanei, non vedeva l’ora di contaminarsi con chi vive la sua grande pancia”, spiega Politi) ci sia un chiaro messaggio a tutte le istituzioni romane dalle quali questi 19 artisti firmatari del singolare manifesto Dazebao, non si sentono pienamente rappresentati. Ma fa bene anche loro, e alla stessa Quadriennale che probabilmente è il bersaglio di tanta creativa protesta, avere un interlocutore così determinato, perchè è segno di una sana vitalità d’altri tempi vedere artisti che di nuovo si riuniscono, discutono, agiscono e inventano qualcosa ben oltre i giochi del mercato, l’obbedienza alle leggi della comunicazione e quegli strumenti digitali che, dice Politi “rischiano di essere più dannosi che utili. Tutti gli artisti ambiscono a conquistare gli spazi con il proprio lavoro e tutti soffriamo della nostra nuova ed inaccettabile condizione di confinati. Pensando a Roma, l’isolamento, inteso come solitudine culturale, era condizione già presente, prima del Covid-19. Tanti artisti isolati e lontani. Vicini per vocazione o riconoscibilità ma mai uniti da un’idea sul proprio tempo. Quando iniziai a parlare di questa idea agli artisti, nessuno esitò”.
– Alessandra Mammì
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