L’arte multiforme di Caroline Achaintre in mostra a Roma
Ultimi giorni per visitare “Permanente”, la prima mostra personale di Caroline Achaintre in Italia, in corso alla Fondazione Giuliani di Roma.
Permanente colpisce per i colori sfrontati degli arazzi, le ceramiche dal forte accento tattile, l’intrigo profumato del vimini negli alti separé che si stagliano in un tunnel di incastri visivi.
L’odore persistente dei materiali resta impigliato nelle opere, come un carattere primigenio, insito nella loro personalità. Non è un caso che l’artista concepisca le sue creature abbracciando un lato animista, come se una presenza sciamanica si celasse spirando verso l’esterno, catturando e ammaliando il visitatore. Opere vive dunque, perturbanti, dotate di un magnetismo peculiare, di una fragranza e di un temperamento.
LE OPERE DI ACHAINTRE
Louis Q. ‒ realizzata ex novo nello studio londinese di Caroline Achaintre (Toulouse, 1950) durante i mesi della quarantena ‒ si rivela cortocircuito, punto di arrivo e congiunzione critica, scegliendo il medium dell’arazzo trapuntato in lana che rende riconoscibile il lavoro dell’artista. La forma a “S” tipica dei pittori manieristi torna in questo sovrapporsi di ombreggiature colorate ispirandosi allo strano becco che copriva il volto dei medici deputati alla cura della peste pandemica. Charles de Lorme, dottore che si occupò della salute di molti reali, consigliò l’uso di questo lungo naso che conteneva al suo interno la teriaca un “antidoto” composto di oltre 55 erbe e strane componenti come polvere di carne di vipera, cannella, mirra e miele.
LE CERAMICHE FETISH DI ACHAINTRE
A colpire nel percorso di mostra sono senz’altro le sculture in ceramica, trattate con un’attenzione particolare alla texture: accidenti e scaglie iridescenti a simulare la pelle viva o la muta dei rettili; diversamente la superficie scabra si raggrinzisce o si anima in pieghe e volute. Rigonfiamenti, listellature, rinforzi, protuberanze barocche e scanalature sottili personalizzano queste maschere enigmatiche che sembrano sciogliersi sotto il nostro sguardo mentre ci scrutano da fenditure aguzze. Alcune ceramiche invetriate sono esposte a parete con cadenze regolari: superfici sia maculate con fantasie di frattali e squame ‒ esuvie di pitone ‒ sia smaltate a tinta unita, scavate in un gioco di luci e ombre. Altre si trovano su un basamento: come alti cappucci di tessuto Trukk P. e Trukk B. troneggiano nel punto più alto, inquietanti e minacciose forme falliche, mentre Monmec, Quasimodo ricorda il cappello di un giullare e Shelleybag, viscosa e melmosa, una piovra sotto raggi infuocati, si accostano a Meute II, un busto in pelle nera e impenetrabile con la sua cortina di frange e punzonature: un’estetica fetish è sottesa a molti di questi lavori.
DISEGNI E ACQUERELLI IN MOSTRA
I disegni a inchiostro e acquerello sono un profluvio di forme evanescenti e tinte pastello. L’onirismo di queste astrazioni e la “palette unicorno” solleticano le profondità dell’inconscio, sotto il fascino dei test psicologici di Rorschach, dei film horror e fantascientifici, l’influsso musicale heavy metal. L’effervescenza dada si manifesta nella forza immaginifica degli accostamenti e delle fusioni verbali che plasma i titoli.
Assoluta punta di diamante della mostra, le tre sculture in vimini ‒ realizzate con il supporto degli artigiani di Montpellier ‒ si intrecciano l’una con l’altra a seconda della prospettiva, del punto di stasi e dei movimenti del fruitore, canali ottici dotati di molteplici aperture e filtri. Una scultura-schermo con un solo occhio ciclopico, un volto con due enormi spioncini, coppie di occhi stilizzati dalle diverse espressioni. Dietro i separé in vimini fa capolino l’arazzo Glove.
La mostra, che evidenzia il richiamo all’Espressionismo e al Primitivismo tedesco, è parte di un ciclo che ha visto l’artista muoversi dal Belvedere 21 di Vienna al MO.CO Montpellier Contemporain, scegliendo come terza tappa Fondazione Giuliani grazie anche al sostegno della Fondazione Nuovi Mecenati di Roma. Il percorso espositivo si andrà a concludere al CAPC di Bordeaux.
‒ Giorgia Basili
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