Il programma 2020 del Madre di Napoli. Intervista alla Presidente Laura Valente
L’inchiesta di Artribune sui musei italiani approda in Campania. Ecco come sarà l’autunno inverno del Madre del Napoli, tra una mostra di Alessandro Mendini, la prima dopo la sua scomparsa, e un progetto di Andrea Viliani
Prosegue l’inchiesta di Artribune sui musei italiani e i loro programmi 2020. Questa volta andiamo a Napoli, dove la Presidente Laura Valente ci racconta l’autunno e l’inverno del Museo d’arte contemporanea Donnaregina, meglio conosciuto come il Madre. L’istituzione si appresta ad aprire la stagione espositiva con una mostra di Alessandro Mendini il 29 ottobre. In un clima molto difficile per l’intera regione Campania.
Come sarà l’autunno/inverno 2020 per il tuo museo? Che attività hai in programma?
La nuova stagione espositiva del Madre sarà inaugurata il 29 ottobre con la mostra dedicata ad Alessandro Mendini, la prima in un museo pubblico italiano dopo la sua scomparsa, e la prima, nella storia del Madre, dedicata a una delle più importanti figure nel panorama internazionale del design e dell’architettura del secondo dopoguerra. Realizzata grazie a una collaborazione stretta con lo Studio Alessandro Mendini e curata da Gianluca Riccio e Arianna Rosica. Un nuovo format, non solo espositivo, in cui il concetto di mostra incontra quello della piattaforma multidisciplinare, debutterà il 17 dicembre con “Rethinking Nature” curato dalla direttrice artistica, Kathryn Weir, con Ilaria Conti.
Con quali obiettivi?
Il tema centrale sarà quello della necessità politica ed etica di costruire un nuovo rapporto fra l’essere umano e l’ecosistema in cui vive e orienta il suo gesto, un approccio che in futuro vedrà il Madre impegnato nell’indagine, attraverso lo sguardo dell’arte contemporanea, delle tematiche portanti del suo tempo, come quella, ad esempio, delle radicali trasformazioni del lavoro che ci attendono in un futuro più che prossimo. Per “Peter Lindbergh: Untold Stories”, a marzo, mettiamo in campo una collaborazione internazionale tra Kunstpalast Düsseldorf, Peter Lindbergh Foundation, Museum für Kunst und Gewerbe, Amburgo; Hessisches Landesmuseum, Darmstadt; Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee.
E poi c’è un progetto speciale curato dall’ex direttore Andrea Viliani…
Si, è quello di Mathilde Rosier “Le massacre du printemps” che vedrà danzatori funamboli disegnare passi aerei sullo sfondo di diversi luoghi del territorio campano, dalle serre della piana vesuviana al porto di Napoli, connettendo l’atto dell’adorazione della terra a quello del suo successivo e progressivo sfruttamento.
Che aspettative hai?
Più che aspettative impossibili da avere in questo momento in cui aspettiamo ancora di capire se ci sarà un’onda di ritorno dell’emergenza, stiamo pensando e ideando progetti che nascono digitali e ibridati. Anche per quanto riguarda una formazione destinata a profili professionali nuovi.
Cosa invece ti preoccupa di più?
La burocrazia. La lentezza dei processi di trasformazione delle imprese culturali. Abbiamo una grande opportunità. Se non la cavalchiamo abbiamo ipotecato il futuro delle prossime generazioni. È come se avessimo preso in prestito i fondi destinati a loro con la chiara consapevolezza che non saremo in grado di onorare il debito.
Farai delle modifiche ai tuoi progetti iniziali per adattarli alla situazione in corso?
La ridefinizione è già stata fatta, si è trattato più che altro dell’adeguamento dello svolgimento delle manifestazioni e della rimodulazione dei flussi di accesso. Abbiamo lavorato per poter salvaguardare non solo lo spirito e le caratteristiche dei progetti ma anche il lavoro degli artisti e di tutte le professionalità della filiera produttiva. Nessuna risorsa del museo è stata messa in panchina. Ci siamo ri-generati e ri-definiti con e durante il lockdown. E questo ha anche permesso a tutti noi di capire che un mondo sta cambiando. Professionalità e modalità di svolgimento del lavoro non possono più essere ancorate a modelli ampiamente superati.
Quali pensi che saranno le sfide che i musei dovranno affrontare nel prossimo futuro?
Tra tutte quelle di costruire futuro in tempi complessi. Sostenibile, inclusivo, solidale, fuori dagli schemi. Ecco come sarà il museo del futuro. In pausa da una modernità diventata negli anni troppo moderna: troppa velocità, troppe connessioni, troppo sfruttamento delle poche risorse che abbiamo. Quali linguaggi, in quale modo e verso quale scopo? Sarà un’innovazione di processo e non (solo) tecnologica a vincere la sfida sul futuro e presente dei musei d’arte contemporanea
Diamo i numeri: come è andata dalla riapertura in termini di pubblico?
Abbiamo avuto un buon riscontro fin dal primo giorno della riapertura dopo il lockdown, quando molti “amici” e frequentatori abituali del Madre sono venuti a trovarci per sostenerci e riappropriarsi di un luogo che sentono come presidio culturale. E con loro, da allora molti turisti di prossimità. Siamo stati il primo museo della Regione Campania ad aprire il 18 maggio e questo ci ha aiutato. Ma vorrei spostare l’attenzione dai numeri, dalla rincorsa agli sponsor e ai dati di sbigliettamento, figlia di un modello che ha mostrato tutta la sua fragilità. Abbiamo un’opportunità unica, ripeto. Se avremo il coraggio di considerare davvero la cultura come una risorsa anche ‘economica’, dovremo rivedere il comparto e i suoi meccanismi di funzionamento in una prospettiva di sviluppo sostenibile, con un diverso modo di pensare il senso e il valore del mondo culturale nella società.
Quale è stata la cosa più bella da quando hai riaperto?
Sicuramente accogliere la mattina le famiglie al Madre per la nostra Factory. Per tre mesi oltre 900 bambini, da giugno a settembre, hanno vissuto tutto il giorno con noi e con i nostri artisti, partecipando gratuitamente alle attività. Molto concretamente abbiamo dato respiro a famiglie provate dal lockdown. Anche questa è la vocazione di un luogo che aspira a diffondere la bellezza.
Cosa chiedi alla politica in questo momento comunque difficile?
Semplificazione. Semplificazione. E ancora semplificazione. Con lo snellimento della burocrazia, fermo restando il controllo rigoroso del rispetto delle procedure, saremmo a metà strada per cominciare a risolvere le cose. Per rimettere in moto il comparto concretamente.
Consigliaci un libro per continuare la stagione
Senza dubbio “Pollock e Rothko” di Gregorio Botta, in uscita in questi giorni e pubblicato da Einaudi Stile libero. Due autori a confronto, due versioni differenti dell’arte. E uno scrittore/artista che amo molto a farne, forse, la sintesi. Andando oltre.
–Santa Nastro
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