La natura, origine e destinazione. Quattro artisti a Venezia
La collettiva inaugurata lo scorso 31 ottobre negli spazi della galleria Marignana Arte, fa dialogare le ricerche, le immagini e le soluzioni formali di Giuseppe Adamo, Yojiro Imasaka, Silvia Infranco e Quayola, quattro artisti giovani, quasi coetanei, tutti under 40. Fra pittura, scultura e fotografia.
Una riflessione densa, poliedrica, diversa nei presupposti ma soprattutto negli esiti, che costruisce tuttavia un percorso coeso, coerente, in cui le opere si legano con semplicità, contrappunto l’una all’altra. Il lavoro sul concetto di “natura”, nella sua accezione originale di fondamento logico e ontologico dell’esistente e del possibile, è declinato in maniera diversa dai vari artisti, ma rivela un substrato comune: la consapevolezza che il divenire, il mutamento incessante siano la dinamica che regola non solo i processi naturali ma anche le vicissitudini sociali, politiche ed economiche.
LA NATURA, GLI ARTISTI, IL FUTURO
Viviamo un’epoca frenetica, fatta di oggetti e relazioni usa-e-getta, di interazioni simultanee, di trasformazioni continue. Il mutato rapporto con le tecnologie ha aggiornato profondamente il nostro modo di concepire e vivere la relazione con la natura. Le crisi geopolitiche, socio-economiche, ambientali – fra cui non ultima la devastante pandemia ancora in corso – hanno rivelato la portata e l’imminenza di una svolta epocale su più fronti. Siamo all’inizio di qualcosa che non riusciamo a intravedere e comprendere pienamente. Ma per fortuna, come quasi sempre accade, gli artisti lo fanno al posto nostro, mostrandoci “in anteprima” quello che sarà e proprio ora si sta preparando.
GIUSEPPE ADAMO E YOJIRO IMASAKA
Le grandi tele aniconiche di Giuseppe Adamo dialogano nella prima sala con l’imponente lavoro fotografico Illuminating Earth #45 di Yojiro Imasaka: tanto onirico, impalpabile il primo, quanto iper-reale, in alta definizione, dettagliatissimo il secondo. Eppure Adamo lavora per accumulo, per sovrapposizione sapiente di strati di colore che, come ere geologiche, modellano la superficie pittorica conferendole una illusoria ma convincente tridimensionalità. Imasaka procede invece per sottrazione, mappando in questa serie, attraverso la fotografia, aree delle isole Hawaii rimaste incontaminate, non ancora toccate (o devastate) dall’impatto antropico. Seppur attraverso tecniche e linguaggi differenti, il lavoro di entrambi restituisce la dimensione imperitura, autorigenerantesi della natura, contrapposta alla fragilità e alla caducità umane.
SILVIA INFRANCO E QUAYOLA
Per Silvia Infranco la natura è motivo di studio, luogo di ricerca, soprattutto sul campo. L’artista indaga lo scorrere del tempo attraverso le metamorfosi della materia organica e la stratificazione della memoria. E lo fa manipolando piante, insetti, oggetti di uso quotidiano che ricopre o immerge nella cera, creando così una corazza, un guscio protettivo che li preserva, li consegna alla posterità ma su cui emergono, anche in maniera imprevedibile, le tracce di ciò che sono stati.
Per Quayola la tecnologia non è un semplice strumento, ma il fulcro della ricerca. L’artista sviluppa programmi, sofisticati software che sfidano (e mettono in seria discussione) la distinzione fra uomo e macchina, fra creatività artistica ed esecuzione di codici informatici. Omaggiando la pittura en-plein-air degli Impressionisti – e in particolare in questo caso le Ninfee di Monet – Quayola realizza video in 4K da cui estrae frame consecutivi che vengono processati poi da un software. L’immagine viene tradotta in una serie di dati, riassemblati successivamente dalla macchina che restituisce così la sua percezione del mondo. Una realtà ulteriore, profondamente diversa rispetto a quella che esperiamo quotidianamente. Effettivamente un “oltrenatura”, che, più che uno stato delle cose o un oggetto da rappresentare, è una capacità. È l’attitudine, tutta artistica, di intravedere fra le trame del presente i segni del futuro.
‒ Irene Bagnara
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