Quadriennale di Roma: una mostra riuscita
Molto attesa e finalmente inaugurata, la nuova edizione della Quadriennale di Roma sfida l’emergenza globale con un denso, ed equilibrato, parterre di artisti.
“La Quadriennale d’arte 2020 FUORI è per noi curatori una mostra eccentrica, inaspettata e, ci auguriamo, bella”. Così Stefano Collicelli Cagol comincia il suo saggio …e fuori un mare tutto fresco di colore, pubblicato nel denso e ponderoso catalogo della XVII edizione della Quadriennale, aperta al Palazzo delle Esposizioni fino al 17 gennaio 2021.
Intitolata Fuori e curata da Sarah Cosulich e Stefano Collicelli Cagol, è stata inaugurata in questi difficili tempi di Covid per volontà del presidente Umberto Croppi, che ha sfidato la pandemia per aprire una mostra che non ha deluso le aspettative. Frutto di un progetto durato tre anni, che ha portato l’istituzione a contatto con giovani artisti e con curatori internazionali di rilievo, la mostra appare ben impaginata, grazie a un allestimento pulito e rigoroso, firmato dall’architetto Alessandro Bava. L’architetto ha suddiviso i 4000 metri quadrati di spazio espositivo in 35 sale, ampie e spaziose, che permettono di leggere il lavoro dei 43 artisti invitati in maniera ottimale, con un effetto che oscilla tra la 55esima Biennale di Venezia, curata nel 2013 da Massimiliano Gioni, e il padiglione Unlimited di Art Basel.
GLI ARTISTI DELLA QUADRIENNALE DI ROMA
Per quanto riguarda la scelta degli artisti, i curatori hanno optato per una panoramica “transgenerazionale e multidisciplinare”, incentrata intorno a tre ambiti tematici: “il Palazzo, inteso come metafora della relazione tra arte e potere, il Desiderio, per la necessità di sedurre che da sempre accompagna l’arte, e l’Incommensurabile, che porta gli artisti ad abbracciare le proprie ossessioni”. Quindi si sono rivolti verso artisti che privilegiano il glam come pratica di seduzione, il desiderio erotico e gli immaginari femminili, femministi e queer, per costruire una lettura alternativa e poco esplorata dell’arte italiana degli ultimi sessant’anni.
I risultati? Senza dubbio incoraggianti, anche se forse non così lontani dal main stream ufficiale, sia italiano che internazionale. Lungo il percorso suggerito dai curatori e descritto con una piantina distribuita gratuitamente ai visitatori, molte sono le sale che scandiscono una narrazione studiata nei minimi dettagli, a partire dalla prima, dedicata a Cinzia Ruggeri, artista e stilista dissacrante e provocatoria, che funziona da introduzione alla mostra.
Molto elegante, nel suo minimalismo rarefatto, il salone lungo che collega le due porzioni del primo piano, con l’opera Blue Carnac (1992) di Irma Blank alle pareti e Stone Broken Circuit (2016), il circuito in bachelite al centro del pavimento, realizzato da Micol Assaël, popolato da minuscoli dadi bianchi, come una sorta di paesaggio mentale ed energetico. Straordinarie le tre serie fotografiche in bianco e nero di Lisetta Carmi, Erotismo, Autoritarismo a Staglieno e Parto, che dimostrano una consapevolezza e una precisione di lavoro non comuni, così come l’installazione Exoteric Gate (1976) di Nanda Vigo, situata in bilico tra arte e design.
DA MONICA BONVICINI A PETRIT HALILAJ
Da non perdere Monelle (2018), il film psichedelico e allucinatorio di Diego Marcon, ambientato all’interno della Casa del fascio di Giuseppe Terragni a Como, così come il video di Monica Bonvicini No Man Heads (2009), una forte critica al maschilismo che domina il sistema dell’arte. Sorprendenti le sculture e i disegni di Lydia Silvestri, ispirati a frammenti di corpi e organi sessuali maschili e femminili resi astratti da una ricerca formale vicina a Marino Marini, del quale è stata allieva, mentre in un’unica sala si confrontano le sculture di Rafaela Naldi Rossano, dense di riferimenti esoterici, l’interessante trittico Edera (2020) dipinto da Diego Gualandris, e le opere di Chiara Camoni, che ha realizzato Senza titolo (una tenda) (2019), una serie di teli in seta su cui l’artista ha stampato immagini floreali utilizzando le proprietà tintoree di piante, erbe e fiori selvatici. A proposito di piante, tra gli interventi più suggestivi dell’intera mostra figurano i grandi fiori di stoffa collocati sopra lo scalone di accesso al secondo piano e realizzati da Petrit Halilaj e Alvaro Urbano come progetto che racconta la storia d’amore tra i due artisti in maniera sensibile e poetica. Le sale al secondo piano disposte en enfilade sono tra le più precise della mostra: le prime sono dedicate al rapporto tra l’artista e il proprio corpo e accolgono i lavori di Francesco Gennari (autoritratti e una scultura), della performer Simone Forti, protagonista di una sala allestita in maniera impeccabile, e della giovane artista Benni Bosetto, che ha presentato l’inquietante installazione Anima (2020). Interessante la proposta di Caterina De Nicola, con una sala dedicata agli oggetti defunzionali, e l’installazione Die Schlussel des Schlosses (2020) di Tomaso De Luca: un’opera site specific dedicata a una riflessione sugli spazi del potere.
La parete di fondo del secondo scalone per scendere al primo piano e visitare l’ultima parte della mostra è occupata dal grande e delicato murale di Amedeo Polazzo, che ricorda i murales degli Anni Trenta e rappresenta un cantiere.
FUORI, UNA MOSTRA AZZECCATA
L’ultima parte di Fuori è anche la più immaginifica e fantasiosa, a partire da Capitan Fragolone (2020) di Valerio Nicolai: una gigantesca fragola che ospita al suo interno un pirata in carne e ossa che osserva immobile i visitatori. Molto ricca e strutturata la sala dedicata al compositore e artista Sylvano Bussotti, che, secondo Collicelli Cagol, racchiude nella sua proposta articolata il senso dell’intera Quadriennale, accostando costumi di scena, disegni e dipinti di soggetto omoerotico, mentre Guglielmo Castelli ha scelto una posizione appartata per presentare Ordine nostalgico di un assetto spaziale (2020), un’installazione composta da tele che esprimono una sorta di malinconica nostalgia che oscilla tra realtà e sogno, infanzia ed età adulta. Infine, la sala concettual-glam dell’artista Maurizio Vetrugno è dedicata al collezionismo e raccoglie fotografie, copertine di dischi, gioielli di alta moda e tessuti dai colori vivaci.
In conclusione, Fuori è una mostra costruita su un percorso convincente, con poche cadute, tante conferme e molte sorprese: forse un pizzico di coraggio in più negli inviti (più emergenti e meno “maestri”) le avrebbe dato quella scossa di energia innovativa della quale, in questi tempi incerti e imprevedibili, abbiamo tutti bisogno.
‒ Ludovico Pratesi
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