Ghiaccio e fiamme. Ann Veronica Janssens a Napoli
È il giorno zero della Creazione. Tutti gli elementi, e tutti gli stati della materia, ribollono e si rimescolano nel cuore della galleria Alfonso Artiaco, in una Divina Commedia delle sostanze. In attesa del comando divino ‒ o dell’artista ‒ che attribuisca loro un posto.
Provvisorio, e trasmigrante. Un passaggio di stadio percettivo, tattile e alchemico è l’esistere, secondo Ann Veronica Janssens (Folkestone, 1956). Si migra, nei tre colori fondamentali, dall’Inferno e Nigredo di Untitled ‒ puro etere infiammato, tra light art e scultura di vuoti, abissali e tridimensionali quanto ologrammi ‒ al Purgatorio e Albedo (tra)scorrente delle ricerche ottiche in vetro dell’altro Untitled, Atlantic e Blue Glass Roll. Fino alla solidità nobilitata e sublimata in vibrazione aurea dell’ultimo Untitled, Paradiso e Rubedo in cui persino un ombrellone può farsi quel raggio da cui più non si difende. Destrutturati, come il disorientamento post-concettuale di The Skeis conferma, i sensi ritrovano la loro verità annunciata dalle sale-ouverture: il perpetuo movimento post-aeropittura di Randomnly, e continuo mutamento iridescente optical di Gaufrettes. Fuori è già sera: l’incantevole vista dalla galleria incornicia cerulei brusii della città e cieli svaporati riflettenti lampioni. Gli elementi continuano la loro corsa: il Cosmo ha partorito l’Uomo.
‒ Diana Gianquitto
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