Stasi frenetica. La riapertura “contemporanea” di Fondazione Torino Musei
La versione “Unplugged” di Artissima ha innescato un dialogo tra epoche e stili nelle sedi della Fondazione Torino Musei. Ecco dove e come.
GAM ‒ Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, MAO ‒ Museo d’Arte Orientale e Palazzo Madama ‒ Museo Civico d’Arte Antica, in occasione della modalità “Unplugged” di Artissima 2020, hanno ospitato una mostra corale, diffusa e condivisa, Stasi frenetica, a cura di Ilaria Bonacossa: “una formula nuova, dilatata nei tempi e negli spazi” che ha riunito “esposizioni fisiche, realizzate con Fondazione Torino Musei, e progetti digitali” e che ha abbracciato “un corpus di opere provenienti dalle gallerie di Artissima selezionate per questa edizione della fiera, offrendo uno spaccato di quello che il pubblico avrebbe trovato negli stand”. Ecco cosa abbiamo potuto osservare.
‒ Federica Maria Giallombardo
ARTISSIMA ALLA GAM
L’edificio modernista della GAM ha riservato per l’occasione il piano terra e la sala mostre al piano -1 a un allestimento definito “polifonico”: le oltre cento opere (sculture, installazioni, dipinti e fotografie) delle gallerie della Main Section di Artissima, infatti, hanno fornito uno spaccato aggiornato e multiforme delle ultime inclinazioni e dei nuovi orientamenti stilistici e poetici dell’arte contemporanea internazionale. Meno poliedrica ma più intima e sperimentale la sezione Monologue/Dialogue, costituita da opere selezionate (in monologo o in dialogo tra loro) per stimolare riflessioni inedite, al di là della storicizzazione museale. Esemplari delle sezioni, da una parte, le opere di Giuseppe Mulas (Galleria Peola Simondi, Torino), uno dei campioni della pittura in terra sabauda insieme a Guglielmo Castelli (Francesca Antonini Arte Contemporanea, Roma), disarmanti per raffinatezza e perizia sentimentale; Paolo Pretolani (Marina Bastianello Gallery, Venezia) con la sua Sciarazad srotolata tra boschi e lagune in foglia di metallo e olio su iuta; Eglė Ulčickaitė (Meno Parkas Gallery Kaunas, Düsseldorf) che dipinge in Pathway la storia socialista lituana con gli occhi puntati sull’opaca natura di un anonimo parco cittadino, in risposta silente e delicata alle opere ottocentesche dei piani superiori del museo. Dall’altra, Antony Gormley (Galleria Continua, San Gimignano, Beijing, Les Moulins, Havana, Roma) che spiccava con la scultura – datata 2016 ma calzante per il periodo storico affrontato – Flex, integrazione della superficie corporea umana con lo spazio; Valerio Nicolai (Clima, Milano) che ha paragonato le venature del prosciutto cotto ai lampi di una tempesta – Tempesta al prosciutto cotto, appunto –, nobilitando il quotidiano per mezzo del surreale, a sua volta in dialogo con l’installazione di Gianluca Concialdi (Mandorlo in fuoco, Sono uscito a buttare la spazzatura e Compagna d’un passato), altrettanto attenta alla trasformazione suggestiva di elementi umili quali apribottiglie e Carlo Benvenuto (Mazzoli Gallery, Modena, Berlino, Düsseldorf), che impressiona nella misteriosa Senza titolo la ricerca di un ordine impossibile tra spazio, luce e cromie, restituendo “un’immagine di essenzialità più reale della realtà” – e sapiente è stato l’accostamento di quest’ultima fotografia alla scultura Rectangle #3 di Túlio Pinto (Piero Atchugarry Miami, Pueblo Garzón), giocosa reinterpretazione dell’Arte Povera.
ARTISSIMA AL MAO
Il MAO ha messo in dialogo con le collezioni permanenti una selezione di dieci opere “orientaliste”, ovvero contemporanee ma “in tema” con il contesto del museo – nate cioè da un’approfondita ricerca delle origini dell’arte in Oriente e dei suoi sviluppi. La disposizione e le affinità tra le opere antiche e odierne hanno condotto in maniera sorridente a una sorta di caccia al tesoro tra i gangli dello storico edificio. “Il contrasto tra passato e presente porterà a riflettere su come l’arte contemporanea nasca in risposta a una ricca storia di elementi formali, spirituali e artigianali”: effettivamente, la mostra ha sottolineato coincidenze, cambi di prospettiva e conversazioni tra epoche e luoghi differenti.
Dalle atmosfere prive di titolo di Qiu Shihua (Galerie Urs Meile, Beijing-Lucerne) ai Porcelain Vases di Ai Weiwei (Galleria Continua, San Gimignano, Beijing, Les Moulins, Havana, Roma) ai contorcimenti sensuali e fatali di Kurdistan 2 di Zehra Doğan (Prometeo Gallery, Milano-Lucca), ogni opera si è innestata in una sede pronta ad accoglierla e a risaltarla. Un’ottima prova di comparatistica applicata.
ARTISSIMA A PALAZZO MADAMA
La Corte Medievale, cuore antico di Palazzo Madama, ha riunito una trentina di opere individuate nella sezione New Entries, dicitura di Artissima per designare le più giovani e sperimentali gallerie (aperte da massimo cinque anni). Con la regia di Ilaria Bonacossa e Valerio Del Baglivo (uno sposalizio tra menti competenti), il tema della stasi frenetica in questa atmosfera ha assunto un carattere conturbante, quasi soprannaturale: tra gli elementi dell’ossatura dell’edificio – dai resti della Porta Romana (detta Decumana) fino agli archi medievali – e le opere contemporanee che hanno arricchito e risaltato la struttura dell’edificio è nato un connubio felice e a volte, addirittura, rasente la perfezione. Si tratta di quelle opere che sembravano calzanti site specific – che concedevano un nuovo ritmo se pur con rimandi ancorati a un passato aderente a quello raccontato dal Palazzo, insomma –, come il dipinto medievaleggiante-cortese Pickled Herring di Lauren Coullard (A.ROMY, Ginevra); o come la scultura in ceramica smaltata Alice & Remus di Kristin Wenzel (Suprainfinit Gallery, Bucarest), fusione di porzioni di teste di cavallo echeggianti stendardi templari; o, ancora come Totem 3 di Frederik Næblerød (Alice Folker Gallery, Copenhagen), scultura dorata dalle forme ispide a metà tra un idolo e un busto devozionale – che, simile a un collegamento ipertestuale, ha anticipato la mostra di “veri” busti devozionali, sempre presso Palazzo Madama, Ritratti d’oro e d’argento; una piccola chicca assolutamente da non perdere. L’allestimento più accattivante della rassegna di Artissima, con suggestioni evidentemente generate da una comunione di intenti e dal rispetto tanto per lo spazio “antico” quanto per le opere contemporanee – e chissà che questo successo non invogli a nuove commistioni artistiche, ché tanto giovano da entrambe le parti.
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati