Il denaro e le sue contraddizioni. 9 artisti a Venezia
La Galleria Michela Rizzo propone “Money Money Money”, una riflessione sui concetti di denaro, valore e speculazione attraverso le opere di nove artisti.
Un intreccio saldo quello fra denaro, valore e speculazione, su cui si reggono strutture economiche, politiche, etiche e culturali, non ultimo lo stesso mercato dell’arte. Questo rapporto triadico va ricompreso nella sua dimensione pubblica, come modello di relazione fra individui, oggetti e idee, superando l’economia intesa come semplice cura della proprietà. In uno sguardo allargato la ricerca artistica rivela il carattere non solo strumentale del denaro, pregno in realtà di implicazioni, di residui culturali attivamente prodotti – o inconsapevolmente subiti – da coloro che ne fanno uso.
LA MOSTRA ALLA GALLERIA MICHELA RIZZO
La riflessione di Antoni Muntadas sui residui materiali e immateriali del passaggio da una lingua o da una valuta all’altra dialoga con l’analisi di Ryts Monet sull’iconografia delle banconote, impiegate come strumenti politici di autorappresentazione fra gli echi di un passato idealizzato mai realmente esistito. Nanni Balestrini riprende La Tempesta del Giorgione per caricarla, attraverso la frammentazione dell’immagine, di significati attuali, attivando una ricerca di senso mai veramente conclusa. L’ascesa e il declino dei valori occidentali figli del capitalismo, improntati alla produttività e al successo, sono protagonisti dei lavori di Francesco Jodice e Andrea Mastrovito.
MAURI, POZZI, RUNFOLA E PIETROIUSTI
Il rapporto fra denaro, valore e speculazione diventa chiave interpretativa della problematica relazione fra valore intrinseco, estrinseco e prezzo finale dell’opera. Analoghe le operazioni di Fabio Mauri e Lucio Pozzi, i cui lavori aumentano di prezzo al passare dei giorni, in una corsa speculativa destinata a scontrarsi con l’invendibilità delle opere e l’incongruità fra prezzo e valore. Aldo Runfola affida ai soldi il potere di determinare l’aspetto del lavoro, andando a ricamare le traiettorie percorse dalle monete lanciate sulla superficie “pittorica”.
In Eating Money – An Auction Cesare Pietroiusti spinge all’estremo l’idea manzoniana di opera come materia ingerita, trasformata e restituita dall’artista, cibandosi di banconote da riconsegnare all’acquirente una volta evacuate. Sovvertendo il rapporto fra denaro e merce, fra opera, prezzo e valore, Pietroiusti realizza un’economia paradossale in grado di far emergere le contraddizioni e le criticità di quel capitalismo avanzato le cui propaggini si manifestano nella sfera socio-politica, culturale ed etica forse ancor prima che economica.
‒ Irene Bagnara
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