Serendipity e novità. Una collettiva alla galleria Vecchiato di Padova
Si intitola “Serendipity” la mostra allestita sino al 20 febbraio negli spazi della galleria Vecchiato di Padova. Una collettiva che parla di domani a partire dalle impercettibili variazioni del momento presente.
“Serendipity” è una felice e inaspettata scoperta in un frangente insolito, qualcosa di sorprendente e inatteso che si palesa alla nostra attenzione allorché eravamo intenti a cercare altro: la “parola d’autore”, coniata dallo scrittore Horace Walpole nel XVIII secolo, ben si adatta a definire ciò che accade quando, percorrendo a piedi distrattamente le strade semideserte di una città “chiusa” al pubblico dalle appena trascorse restrizioni, ci si imbatte improvvisamente in una vetrina illuminata che attira il nostro sguardo.
LA GALLERIA VECCHIATO A PADOVA
È un ambiente accogliente quello della galleria Vecchiato di Padova, che invita a entrare e a cercarvi rifugio, sostare, attratti dal candore dello spazio e dalla luce diffusa, come dalle forme e dai colori che pian piano assumono consistenza e significato nell’avvicinarsi ad ammirarle e studiarle.
Il titolo di questa collettiva è indicativo della volontà di istituire un termine di paragone fra interno e esterno, e, a una indagine più approfondita, fra “prima” e “dopo”, per le premesse che pone e le consequenzialità che suggerisce, per gli interrogativi e le riflessioni che suscita.
Questo modus operandi, del resto, rispecchia pienamente la linea d’azione che la Galleria Vecchiato mantiene fin dai tardi Anni Ottanta, epoca della sua nascita nella “città del Santo”, ovvero quella di talent scouting per i nuovi talenti dell’arte.
GLI ARTISTI DI SERENDIPITY
Nove gli autori in mostra, quasi tutti di giovane generazione, e già affermati nel loro percorso di carriera: Mariarosaria Stigliano, Affiliati (Matteo Peducci), Giuseppe Inglese, Corrado Marchese, Angelo Bordiga, Christian Verginer, Eliana Marinari, Rogerio Timoteo, Marek Zyga.
In prima istanza è il piacere visivo a venire coinvolto, trovando dei punti comuni nella pacatezza cromatica che contraddistingue tutti i lavori, nella peculiarità delle forme, che fondono elementi figurativi a motivi geometrici e astratti, come l’eterogeneità dei materiali scelti da ciascun artista. Le opere sono connesse da legami invisibili, che tracciano un filo conduttore il quale collega l’intimistica dissolvenza nelle opere di Stigliano, Marinari, Bordiga all’attenzione naturalistica di Affiliati e Verginer, passando per il richiamo all’antico, alla luce di una prospettiva oltre-umana, in Marchese e Timoteo, alle commistioni percettive di Inglese e Zyga.
A uno sguardo più approfondito, ripercorrendo il progetto espositivo, appaiono chiare alcune similitudini, che fanno presupporre una ben precisa intenzionalità tematica: sembra evidente si tratti di una mostra sul divenire, sul movimento in essere in ogni realtà. Il metamorfismo delle sembianze rispecchia una nuova organizzazione concettuale, l’indeterminatezza dei contorni, che è disgregazione e rimescolamento delle carte, pare voler tracciare un’ideale linea di congiungimento fra passato e presente, al fine di far tesoro di ciò che è stato e pre-figurare la rinascita.
‒ Maria Palladino
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