Collezionare in tempi di pandemia. Parla Patrizia Sandretto Re Rebaudengo
L’arte del futuro la faranno i nativi digitali, sarà sempre più pubblica verso una parità di genere e una maggiore sostenibilità. Parla Patrizia Sandretto Re Rebaudengo
Mentre tutta l’Italia torna in zona arancione e rossa (e pare che ci resterà fino a maggio con alcune deboli variazioni), i musei e gli spazi per la cultura continuano ad aprire e chiudere le porte, il settore dell’arte va comunque avanti. Ad un anno dallo scoppio della emergenza sanitaria, è lecito tirare un bilancio anche per un mercato sofferente come quello dell’arte contemporanea, ma supportato dalla volontà delle gallerie e dall’impegno dei collezionisti. Con questo articolo, e con l’intervista a Patrizia Sandretto, Presidente della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, collezionista, mecenate e promotrice culturale, continua l’inchiesta di Artribune, cominciata con l’intervento di Giorgio Fasol, che racconta come sono stati questi 12 mesi per i collezionisti dello Stivale.
Quali opere hai acquistato (se hai acquistato) durante il 2020 e perché? Attraverso quali canali?
Nel 2020, ho continuato a visitare mostre, gallerie e fiere (online) e ad acquisire nuove opere: i lavori di Luiz Zerbini e Ana Elisa Egreja, artisti brasiliani già presenti nella collezione, oltre a opere di Victor Man, Ambera Wellmann, Pia Krajewski, Manuele Cerutti e David Czupryn, tra gli altri. Ho acquistato Rest, un’installazione di Michele Rizzo, di cui ho sostenuto la produzione per la Quadriennale a Roma. Fra i più recenti ingressi in collezione vi è l’opera video di Marwa Arsanios, Who’s Afraid of Ideology? (Part 3) – Microresistances (2020), commissionata dall’11ª undicesima Berlin Biennale. Anche in questo caso ho preso parte alla co-produzione. Nel contesto della seconda collaborazione con il Philadephia Museum of Art, la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo ha di recente coprodotto e coacquisito l’opera di Martine Syms, Neural Swamp, una nuova installazione che sarà presentata a Torino nel settembre 2021. L’opera impiega l’intelligenza artificiale per la scrittura della sceneggiatura e lo sviluppo dei personaggi di un potenziale film.
Cosa ti è mancato di più nel corso del 2020? (il rapporto con gli artisti, andare ai musei, andare alle fiere) e perché
Soprattutto non aver ancora potuto tenere in braccio le mie due nipotine, nate a Londra a dicembre. Poi certo, mi sono mancate le visite alle mostre e l’incontro con gli artisti. Ho colmato questa mancanza partecipando a molti studio visit, organizzati online dalle gallerie e ho apprezzato molto il tour virtuale della personale di Josh Kline organizzato dall’Astrup Fearnley Museet di Oslo.
Cosa ti aspetti dall’arte del prossimo futuro?
La prossima generazione di artisti sarà quella dei nativi digitali: sapranno muoversi con naturalezza fra virtuale e In Real Life, utilizzando le tecnologie cutting edge spero con sensibilità, ingegno, poesia. La pittura, la scultura, la performance continueranno a svolgere una funzione essenziale. Sempre di più e al di là del medium, gli artisti saranno chiamati a misurarsi con la complessità degli eventi, esercitando la loro capacità indisciplinata di insistere sulle zone di confine, mostrandoci i contrasti e le sfumature che attraversano le questioni culturali e di genere, i temi della convivenza e dei conflitti, delle memorie controverse, delle emergenze ambientali. L’arte sarà sempre più pubblica: saprà cioè produrre nuovi tipi di spazi e di discorsi pubblici. La sua presenza nel dominio del digitale, incrementata durante la pandemia, ha innescato una ridefinizione delle geografie del mondo dell’arte e delle sue istituzioni, nazionali e internazionali, pubbliche e private, musei, gallerie e fiere. Nei prossimi anni cercheremo un nuovo equilibrio, sperimentando la programmazione in presenza e online per arricchire, su entrambi i fronti, l’accessibilità alle opere, alle mostre, ai laboratori, al dibattito. Alla dimensione individuale e immersiva del digitale, sono certa corrisponderà l’esperienza collettiva, fisica e civica del museo, uno spazio destinato a mio parere a diventare una piazza centrale della futura contemporaneità.
Cosa butteresti dalla torre del mondo dell’arte pre Covid?
Sicuramente una tendenza verticale che pretende di stabilire chi ha e chi non ha il diritto alla rappresentazione e al far parte di una storia. Questo discorso si applica e declina in varie dimensioni. Un aspetto che non è più tollerabile è per esempio la disparità di genere, sia dal punto di vista delle occasioni di esposizione del lavoro, sia rispetto al tema della remunerazione economica. Ma anche senza dubbio il razzismo strutturale del sistema, che è oggi quanto mai urgente sradicare in profondità. O ancora il paradosso di un sistema che parla diffusamente di ecologia, ma che si sostiene su presupposti non sostenibili: basti pensare al semplice esempio dei voli per visitare fiere e mostre nel mondo. In generale penso quindi che sia giunto il momento di affrontare seriamente e con responsabilità queste contraddizioni, oltre che simbolicamente “buttarle dalla torre”.
–Santa Nastro
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