È morto a Milano l’artista Turi Simeti. Aveva 91 anni
I primi passi a Roma, dove aveva cominciato "vendendo libri e guardando le mostre nelle gallerie". Poi il trasferimento a Milano, la mostra da Fontana e una grande storia d'arte fatta di quasi 2000 opere.
Era nato ad Alcamo in Sicilia, nel 1929, Turi Simeti. Artista, pittore, scultore, è stato uno dei grandi protagonisti dell’arte del nostro tempo. Aveva studiato Legge a Palermo per poi stabilirsi nel 1958 a Roma e scoprire così nella Capitale l’amore per l’arte, anche grazie alla frequentazione degli studi di Tano Festa, Mario Schifano e soprattutto Alberto Burri, l’artista che come Simeti amava raccontare rivoluzionò il suo modo di guardare. “Burri mi ha fatto vedere i suoi quadri e sono rimasto a bocca aperta”, diceva in una intervista realizzata nel 2020 da Dep Art. “Infatti le prime cose che ho fatto assomigliavano a Burri”.
L’OVALE E LA MOSTRA DA LUCIO FONTANA
Di quegli anni è la scoperta dell’ovale, forma che diviene la cifra stilistica di Simeti, rigorosamente monocromatici, verso l’azzeramento dei volumi. Elemento primordiale, ricorda l’uovo filosofico di Virgilio, ma anche le texture e i pattern che resero grande lo stile e il gusto degli anni ’60. È in quel periodo che incontra a Roma Nanda Vigo, artista, designer e collaboratrice di Lucio Fontana, che gli propone di partecipare ad una mostra nello studio del maestro dei “tagli”. E così è stato. Nel 1965 è tra i protagonisti dell’esposizione mitologica Zero Avantgarde, che vede insieme a Simeti, artisti del calibro di Piero Manzoni, Hans Haacke, Dadamaino, Yayoi Kusama, Agostino Bonalumi, Enrico Castellani tra gli altri (mostra che poi fu riproposta alla Galleria Il Punto di Torino e a Il Cavallino a Venezia). Una storia, quella di Zero Avantgarde, che sfonderà le barriere del tempo e dello spazio. Nel 2013 viene infatti ripresa dalla stessa Vigo presso la galleria Christian Stein, con una collettiva degli stessi artisti e un ricco corpus di documenti ad accompagnarla.
IL TRASFERIMENTO A MILANO E LA PRIMA PERSONALE
Il 1965 è un anno importante per Simeti. Si trasferisce a Milano e partecipa alla mostra Arte Programmata – Aktuell 65 e Weiss auf Weiss a Berna. Inoltre a Klagenfurt, in Carinzia, ha luogo la sua prima personale Galerie Wulfengasse a Klagenfurt, seguita da una mostra presso la Galleria Vismara di Milano. Nel 1971, presso la Galleria La Bertesca di Genova, famosa in tutto il mondo per avere ospitato la prima mostra dell’Arte Povera, Simeti presenta la performance Distruzione di un aliante, un radicale lavoro di rottura, contro le maglie che incatenano l’espressione degli artisti. Scriveva Lea Vergine a questo proposito: “La forma dell’aliante e la sua funzione (l’idea tutta dell’aliante, insomma) piacciono molto a Simeti. Simeti si è tolto il gusto di trovarne uno, di metterlo a posto, di dipingerlo di bleu, di mostrarlo ai convitati in un pomeriggio di primavera; subito dopo, si è sottoposto alla fatica di fracassarlo a colpi di mazza e conservarne i resti in tanti bidoni di metallo verniciati di bleu, saldandoli ed etichettandoli in memoria. Perché, ci si chiede. Cosa ha inteso significare Simeti, attraverso l’allegoria di un processo di morte? L’attuale meccanismo di consumo nei riguardi dell’oggetto d’arte? Il comportamento di una societàche è agli antipodi della società dei valori? La catastrofe dell’arte, attraverso un uso straniato ed ironico dell’opera, dell’autore, della galleria? Chiamarne a testimonianza il pubblico? Si suppone(e si deduce); può darsi. Cosa ha fatto Simeti, in realtà? Ha mimato gli impulsi archetipici della condizione psicologica collettiva: AMORE = l’aliante e i nostri rapporti con esso; ODIO = la determinazione di annientarlo; AGGRESSIVITÀ la messa in opera della distruzione; RIPARAZIONE della colpa = preservazione dei frammenti”.
L’AMORE PER LA SICILIA E L’OPERA PER GIBELLINA
Da allora ha esposto, vissuto e viaggiato in tutto il mondo, soprattutto a New York dove ha speso lunghi periodi. Ma il suo cuore è sempre rimasto legato alla Sicilia, motivo per cui negli anni ’80, a seguito del terremoto di Gibellina ha risposto positivamente all’invito di Ludovico Corrao, regalando alla città, all’interno del progetto che comprende anche il Grande Cretto del maestro Burri, l’opera Impronta. Fino alla recente creazione di una casa studio nella cara terra di origine, senza però lasciare mai l’amata Milano, città in cui la figlia Martina, alla quale ha trasmesso l’amore per l’arte, ha aperto una galleria.
IL CATALOGO RAGIONATO E L’ULTIMA MOSTRA
Del 2016 è la pubblicazione del catalogo generale in due tomi, entrambi realizzati dall’Archivio Turi Simeti a cura di Antonio Addamiano e Federico Sardella, che scheda oltre 1.800 opere su tela datate dal 1960 e racconta l’attività dell’artista con mostre, progetti, personali e collettive in tutto il mondo. “Turi Simeti”, ha scritto di lui Demetrio Paparoni in occasione di una mostra retrospettiva (Turi Simeti. Opere 1960 – 2020”) alla Dep Art di Milano a settembre del 2020, “ha concepito il quadro come un oggetto autonomo che non illustra, non racconta, non raffigura. In quanto oggetti autonomi che si protendono nello spazio come altorilievi queste opere possono essere considerate tanto quadri quanto sculture. Possono essere entrambe le cose o né l’una né l’altra. Hanno tutti gli elementi che costituiscono un quadro – telaio, tela, colore – e nascono per essere appese a parete. Sono tuttavia anche scultorei perché, avendo corpo e volume, trascendono la bidimensionalità del quadro. Questa ambiguità è voluta e pone interrogativi sul linguaggio e sulla natura dell’arte”.
–Santa Nastro
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