Ritorno a Monte Verità a 100 anni dalla nascita di Beuys. Grande progetto d’arte in Svizzera
Il meglio dell’utopia nell’arte racchiuso in un unico progetto: la storia di Monte Verità e del Cabaret Voltaire nel segno del mitico curatore Harald Szeemann e del centenario dalla nascita del grande artista tedesco Joseph Beuys
Nasceva il 12 maggio 1921 Joseph Beuys, artista complesso e rivoluzionario del secolo scorso anticipatore di una serie di riflessioni oggi tornate prepotentemente a invadere il dibattito contemporaneo. Utopia, pace, ecologia, energia sono alla base del pensiero beuysiano, fatto di calore umano e filosofico, trasmesso attraverso i suoi famosi strati di grasso, feltro, metalli e le tensioni terrestri delle quali l’artista si fa intermediario, proprio come uno sciamano o uno strumento tra noi e la natura. Con il suo cappello e il suo gilet, Beuys – quest’anno ricorrono i 100 anni dalla sua nascita – è protagonista dell’omaggio di Fondazione Monte Verità, l’istituzione svizzera che preserva la preziosa storia di Monte Verità, la comunità di Ascona che tra Otto e Novecento ospitò nel Canton Ticino teosofi, riformatori, anarchici, comunisti, socialdemocratici, psicoanalisti, scrittori e artisti. Una dimensione alternativa nel puro spirito della Svizzera del XX secolo, che ha saputo unire le migliori menti del tempo in una riflessione alternativa e audace contro i traumi e le inquietudini di un mondo in procinto di scatenare due sanguinose guerre. A quella storia è dedicato il programma che dal 1 aprile 2021, coinvolgendo peraltro anche il Cabaret Voltaire di Zurigo, vicenda affine per multidisciplinarietà, valori e intenti, celebra, non senza uno sguardo rivolto al futuro, quelle esperienze. Si apre con un appuntamento speciale: tornerà infatti alla luce il Chiaro mondo dei beati, il polittico scelto da Harald Szeeman, di Elisàr von Kupffer (1872-1942) esposto nel Padiglione Elisarion, frutto di una grande operazione di restauro. Ne parliamo con Nicoletta Mongini, Responsabile Cultura presso Fondazione Monte Verità.
Quest’anno ricorrono i 100 anni dalla nascita di Joseph Beuys. Quale rapporto intratteneva l’artista con la storia di Monte Verità?
La prossimità tra Beuys e Monte Verità sta sostanzialmente nella condivisione e nella sintonia dei principi che hanno animato la comunità della collina asconese e la filosofia del maestro tedesco. Alla base del pensiero dei fondatori di Monte Verità c’era la necessità di ristabilire un diretto contatto tra uomo e natura come via per ritrovare un nuovo stile di vita, indifferente alle convenzioni sociali, che propugnava valori come il ritorno alla natura, il vegetarianismo, lo spiritualismo, il pacifismo. In entrambi i casi, possiamo parlare di esperienze, filosofie e pratiche di vita che hanno anticipato movimenti oggi estremamente attuali, basti pensare all’ambientalismo, al ritorno alla natura e ai valori originari dell’uomo. Questa prossimità di pensiero e di valori ha creato un legame simbolico tra Joseph Beuys e Monte Verità, celebrato con la piantumazione di una quercia nel nostro parco, in occasione del ventesimo anniversario dell’operazione Difesa della Natura e con un evento dello scorso anno, che ha anticipato il centenario della nascita del maestro, organizzato in collaborazione con la Baronessa Lucrezia De Domizio Durini, che porta avanti nel mondo il pensiero beuysiano.
La comunità di Monte Verità nasce in un periodo molto complesso nella storia del mondo, attraversato da tensioni, conflitti, trasformazioni industriali verso terribili e sanguinose guerre. Oggi, mentre cambiamo attraverso la rivoluzione digitale e affrontiamo una tragica pandemia, che cosa può insegnarci l’utopia di Monte Verità?
Monte Verità è una storia di uomini, di ideali, di utopie che hanno messo al centro di tutto l’individuo, che totalmente immerso nella natura e libero da condizionamenti esterni, poteva esprimersi, coltivarsi, gettare le basi a nuove prospettive. Questo ultimo anno ha costretto tutti a fermarsi, ad ascoltarsi, a ritrovare la propria espressione. E, non da ultimo, ci ha regalato tempo, tempo per studiare, per approfondire, per ritornare a una maggior consapevolezza. La comunità di Monte Verità è stata caratterizzata da questo, seppur con modalità differenti e in un momento diverso. E per quanto sia sempre ricordata come la collina delle utopie, ha comunque espresso e confermato nuovi flussi, nuovi pensieri ed è sopravvissuta fino ad oggi, con ciò che la sua storia ha rappresentato. Penso di poter dire che il genius loci di Monte Verità sia tutt’ora un elemento vivo, non si tratta solo di storia.
Il mondo dell’arte contemporanea è sempre stato affascinato dalla storia di Monte Verità, penso ad esempio alla mostra allestita da Harald Szeemann, che non a caso era svizzero. Secondo lei perché?
Innanzitutto per il grande lavoro che Szeemann ha fatto con la sua mostra Monte Verità. Le mammelle della verità, in cui ha raccolto e testimoniato tutte le utopie che hanno trovato espressione in questo luogo. Per oltre 50 anni il Monte è stato un punto di convergenza, di incrocio, di incontro di arte, cultura, ideali e progetti, che in molti casi hanno dato vita a movimenti, scuole e forme nuove. Una piccola parte del Canton Ticino, oltre cento anni fa, ha raccolto un grande potenziale di idee, trasformando letteralmente l’aspetto sociale ed economico del territorio. Come ho anticipato, da allora, nonostante le trasformazioni che ha avuto Monte Verità, nato come colonia vegetariana, poi comunità di artisti e oggi come realtà poliedrica composta da un complesso museale, un centro culturale, un centro congressi internazionale e un hotel, continua ad essere un luogo di ispirazione, di ricerca, di memoria e di espressione.
Come opera la Fondazione Monte Verità oggi? Con quali ambizioni?
Il Barone von der Heydt, ultimo proprietario di Monte Verità, ha lasciato la proprietà al Canton Ticino, con la condizione che venisse mantenuta la presenza di incontri accademici e scientifici di valenza internazionale e che si perpetuasse anche la vocazione all’arte e alla cultura. Nel 1989 è stata istituita la fondazione omonima che, con la presenza della piattaforma congressuale del Politecnico di Zurigo, gestisce questo luogo secondo le richieste testamentarie, combinando le diverse anime che una realtà così ha oggi. Gli incontri scientifici sono numerosi e portano personalità illustri del mondo accademico internazionale, la divisione cultura mantiene e valorizza la memoria del luogo con il complesso museale che ne celebra la storia e le attività che guardano al futuro e l’attività turistica accoglie chi, continuamente, si avvicina e vuole vivere il monte, per la sua bellezza, per la sua energia, la storia o, semplicemente, per l’atmosfera di pace che offre. L’ambizione è quella di continuare a fare vivere il Monte e non lasciarlo nei libri di storia.
Oggi annunciate un grande progetto. La inaugurazione del Padiglione Elisarion. Ci spiega in cosa consiste?
Il padiglione Elisarion è l’ultimo elemento che completa il Complesso Museale di Monte Verità, che finalmente sarà fruibile al pubblico nella sua completezza. Ospita il dipinto circolare di Elisàr von Kupffer Il Chiaro Mondo dei beati, un polittico di circa 9 metri di estensione che testimonia una storia unica nel suo genere, una delle numerose utopie che sono state espresse nell’area di Ascona e Locarno nella prima metà del 1900 e che oggi sono riportate alla luce, anche questo grazie ad Harald Szeemann.
Inoltre, affiancherete un ampio progetto con tanti eventi…
Come ogni anno disegnano un programma culturale che parte dalle nostre radici ma si rivolge al presente, proponendo incontri, approfondimenti ed esposizioni di artisti contemporanei. Le condizioni attuali ci pongono alcuni limiti nella programmazione dei momenti di approfondimento. Abbiamo inaugurato un programma di residenze d’artista che lo scorso anno hanno assunto un particolare significato vista la situazione, che ha favorito un dialogo intimo e riflessivo con il luogo. Quest’anno ospiteremo gli artisti Francesca Gagliardi, Marco Cordero, Johanna Ghswend, Moritz Hossli e Fabrizio Dusi, che hanno letto l’anima nel Monte traducendola in nuove modalità espressive.
Infine, si incroceranno Monte Verità e Cabaret Voltaire, praticamente mettendo insieme il meglio della sperimentazione in Svizzera nel secolo scorso. Pensa che sia possibile ripetere una esperienza come quella oggi? E se no, perché?
Tanto l’esperienza del Cabaret Voltaire e la nascita del movimento Dada, quanto la comunità di Monte Verità hanno segnato il mondo dell’arte come riflesso della società. L’arte è diventata una risposta a quanto succedeva nella storia del momento a cui si riferiva, con messaggi politici e, in alcuni casi, eversivi e questo si riscontra certamente anche oggi nell’arte contemporanea. Quello che penso sia cambiato è il senso di comunità e di appartenenza, che oggi sembra essere venuto meno, nell’arte così come nel panorama generale. Oggi le espressioni artistiche si basano su espressioni individuali, che possono certamente trovare corrispondenze tra i vari protagonisti, ma ciò che non si riscontra più è l’identificazione e la condivisione in un gruppo, in un luogo simbolico. Esistono senza dubbio comunità “virtuali”, ma penso che l’esperienza di uno scambio “reale”, fisico, quotidiano, abbia una diversa forza, nell’arte, nella politica e nella società in generale.
–Santa Nastro
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati