L’arte al supermercato. A Napoli la mostra “Aggiungi al carrello”
La pandemia ha portato il mondo dell’arte a reinventarsi e a sperimentare nuovi modi per fare le mostre: i musei sono chiusi in tutta Italia, e le gallerie aperte solo in zona arancione. Ed ecco che da Napoli giunge una nuova idea: fare le mostre al supermercato
Nel 1855 aprono i grandi magazzini “Au Louvre”. Nel 1867 Karl Marx pubblica il Capitale. Intorno al1890 Paul Durand Ruel getta le basi per quel sistema organizzato che sarà il mercato dell’arte. Sembra che a cavallo tra Romanticismo e Verismo, la storia d’amore tra l’arte moderna e la Grande Distribuzione Organizzata diventi una vera affinità elettiva. Sarà probabilmente per questo che Aggiungi al Carrello, l’incursione d’arte organizzata a Napoli dal gallerista Luigi Solito, insieme alla curatrice Carla Travierso e Antonella Polito, socia del food store Gourmeet che accoglie l’evento, svela un tratto di insospettabile fluidità visiva. Una tacita condivisione di spazi tra opere d’arte e categorie merceologiche.
LA MOSTRA “AGGIUNGI AL CARRELLO”
È un’incursione a tempo, ovviamente (dura fino al 18 aprile), ma ha un’architettura da collezione permanente. Un gioco mimetico, dove riesce difficile applicare con assoluta certezza le dinamiche del “trova l’intruso”. Emma with marshmallows di Ryan Mendoza è posizionata alle casse (si sa, i dolci si mettono sempre vicino alle casse). Il Valentino Zeichen (quello di Metafisica Tascabile) in pietra e bubblegum di Maurizio Savini si adagia senza sforzo tra i ghiacci e le luci (un po’ metafisiche pure loro) del banco pescheria. Le fusioni “antroporganiche” di Laura Niola reagiscono d’osmosi sul ritmo formale dell’ortofrutta. I lavori si lasciano percepire senza alcun trauma visivo. Tutt’al più come minime vibrazioni materiche: veloci scarti cognitivi. Come fosse un residuo di quell’istinto primordiale del cacciatore-raccoglitore che sa distinguere il frutto maturo da quello che è nutrimento si, ma ancora potenziale.
A NAPOLI L’ARTE AL SUPERMERCATO
È questo il senso dell’operazione che i promotori tengono a sottolineare: l’arte, la cultura come nutrimento perseguito con altri mezzi. Ma la si potrebbe vedere anche come una divertente indagine di micro-urbanistica, operata tra le scaffalature ippodamee, di come vincolino con gentilezza ma d’autorità i percorsi e le prospettive esistenziali del cliente tipo. Un piano regolatore di bisogni fisiologici e desideri. A volte monumentali come la fame, altre effimeri, quasi capricci. Carta e pietra insomma. Come il cubo bianco di Francesca Matarazzo, a metà strada tra il monolite di Kubrick e quei maxischermi esoterici con gli andamenti della borsa valori. Perché alla fine esporre opere d’arte all’interno di un supermercato, assume sempre quella valenza da test psicologico condotto sui gruppi di consumatori. Umanità indefinite come il corpo in gesso di Christian Leperino. Che non siamo noi, Ma ci assomiglia. E quando esci ti viene un po’ da chiederti: c’è poi tanta differenza tra un appassionato collezionista d’arte e la scaltra casalinga che fa la spesa? In fondo è tutta questione di capacità, discernimento, esperienza sul campo, velocità d’occhio e d’azione. Si ragiona per piani di investimento a medio-breve termine. A volte si tratta di lunga conservazione. Ma alla fine, ti porti sempre a casa il pezzo che mancava in quella fantastica wunderkammer domestica, che per convenzione linguistica, chiamiamo frigorifero.
– Emanuele Leone Emblema
Napoli // fino al 18 aprile 2021
Aggiungi al carrello
Gourmeet | Sapori & Dintorni
Via Alabardieri 8
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