Le mega installazioni autoritratto di Daniele Sigalot. A Malpensa e a Palazzo Tagliaferro
L’artista romano, ex pubblicitario a Londra, è protagonista di 2 monumentali progetti installativi sul legame persone e luoghi: presso il Terminal 1 dell’Aeroporto di Malpensa e a Palazzo Tagliaferro di Andora
In questo periodo di pandemia, con le conseguenti chiusure e riaperture a singhiozzo di musei e gallerie, c’è una mostra che non ha mai chiuso, anche durante il periodo di lockdown. A cura di Luca Beatrice, la monumentale installazione A portrait of everyone, everywhere (Un ritratto di chiunque, ovunque) di Daniele Sigalot (Roma, 1976) presso l’Aeroporto di Milano Malpensa e realizzata in collaborazione con l’azienda Wetzel&Magistris, con il patrocinio di SEA – Milan Airports e del Comune di Milano, è infatti sempre rimasta aperta al pubblico, anche se non è stata ancora ufficialmente inaugurata.
DANIELE SIGALOT A MALPENSA
Visibile fino a ottobre 2021 presso il Terminal 1 dell’aeroporto di Milano Malpensa, la mostra è una riflessione sul tema del rapporto tra le persone e i luoghi. La monumentale opera consiste in 12 mappe di 12 città incise al laser su lastre di acciaio lucido e disposte in un cerchio di 35 metri; vengono così trasformate in grandi specchi capaci di coinvolgere e stravolgere l’immagine di chi vi si riflette. In questo modo, l’artista sembra sottolineare come i luoghi dove nasciamo e viviamo ci formino e trasformino costantemente.
I LUOGHI CHE ABITIAMO CI INFLUENZANO E CI TRASFORMANO
“Le città dove nasciamo e scegliamo di vivere ci formano e trasformano”, spiega Sigalot che ha al suo attivo mostre internazionali e una passata, intensa, esperienza sul terreno della pubblicità alla Saatchi&Saatchi Londra, per trasferirsi a Berlino e per ultimo a Napoli. “Io sono di Roma, ma ho cominciato a lavorare a Milano, poi ho vissuto a Barcellona, Londra, Berlino ed ora Napoli. Ed ogni città ha contribuito a cambiarmi, sia moralmente che fisicamente. Volevo trasformare questo pensiero in un’opera, e la cosa più semplice, mi è sembrata incidere una mappa su una superficie lucida per poter sovrapporre la topografia di una città ai lineamenti di un volto. E proprio quando questa somma si realizza che l’opera si compie”.
12 MAPPE DONATE A 12 OSPEDALI ED ENTI CARITATEVOLI
Quando qualcuno si specchia in una di queste lastre, l’immagine che gli viene restituita è, infatti, un caleidoscopio di lineamenti rimodellati e plasmati dalle strade e dagli edifici della città incisa sull’acciaio. “Se la tua immagine corrisponde davvero al tuo ritratto, ne coglierai lo sdoppiarsi, il moltiplicarsi, il frantumarsi in tante possibili identità”, aggiunge il curatore della mostra Luca Beatrice. “Perché se ogni viaggio è sempre diverso, ogni luogo non è mai uguale a se stesso, tantomeno tu che sei entrato nell’opera di Daniele Sigalot permettendole così di vivere anche oggi, anche in questo preciso momento. Basterà, infine, specchiarci nell’opera di Daniele per aver compiuto il viaggio?”. Al termine del periodo espositivo, le 12 mappe saranno donate a 12 ospedali ed enti caritatevoli.
DANIELE SIGALOT A PALAZZO TAGLIAFERRO
Ma c’è un’altra mostra di altrettante installazioni monumentali, della quale è sempre protagonista Sigalot, che ha appena inaugurato in Liguria, aprendo di fatto la stagione espositiva del Contemporary Culture Center di Palazzo Tagliaferro di Andora. Si tratta di Una Sfida al Nulla, articolata in scenari installativi che coniugano i topoi dell’artista agli stilemi architettonici del palazzo, riproducendone perfino i fregi nei suoi tappeti di capsule medicinali colorate. “Daniele Sigalot si impegna in una puntigliosa ricerca del senso giusto là dove non esiste o non cessa di negarsi”, concludono le curatrici dell’esposizione, Viana Conti e Christine Enrile. “Ogni sua opera, ogni sua mega-installazione, rappresenta un cangiante autoritratto il cui soggetto si interroga senza aspettare alcuna risposta. È forse un gioco assurdo, una sfida al nulla, una sistematica pratica di autonegazione? L’effetto ottenuto, comunque, è quello di far riflettere lo spettatore, su quei valori di fondo che sono venuti a mancare, sulle profonde questioni dell’essere, avvolgendolo in fantasmagorici scenari onirici. I suoi feticci sono oggetti, attitudini, parole, provocazioni al senso dell’esistenza e del far arte”.
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