E a Londra Gagosian riparte da Damien Hirst
La mostra segna la prima fase del progetto che vedrà Hirst nelle vesti di curatore alla galleria di Britannia Street per il prossimo anno. E segna il ritorno dell’artista negli spazi di Gagosian dopo la rassegna “The Complete Spot Paintings 1986-2011” del 2012.
Damien Hirst (Bristol, 1965) ha curato una mostra personale alla Gagosian di Londra. Mentre la riapertura dei musei nel Regno Unito avverrà il 17 maggio, e in Italia si attende l’esposizione dell’artista inglese alla Galleria Borghese, dal mese scorso alcune gallerie private come la Gagosian hanno già riaperto i battenti ‒ in questo caso con una mostra di Damien Hirst alla sede di Britannia Street. L’artista, vincitore del Turner Prize, entrepreneur e in questo caso anche curatore, sfida (per così dire) i sistemi di credenze che definiscono l’esistenza umana in un’esposizione che abbraccia vent’anni della sua carriera. Le opere che riempiono la galleria nella mostra intitolata Fact Paintings and Fact Sculptures testimoniano il percorso di Hirst nel periodo che intercorre tra il 1993 e il 2021, in una mappa che si snoda su opere non particolarmente conosciute, durante momenti della carriera di Hirst ben conosciuti, e ai quali l’artista tenta di conferire la propria chiave di lettura.
LA VITA PRIVATA DI DAMIEN HIRST IN MOSTRA
All’ingresso a darci il benvenuto troviamo una “gioielleria vintage” fatta di mobili in legno e ante di vetro ‒ ricolmi di collane, spille, anelli. Accatastati agli angoli dei mobili, sacchi neri della spazzatura “abbelliscono” l’opera. I classici di Hirst hanno titoli espliciti: Snob (2006-20) e Public School Tosser (2006-20). Proseguendo nella seconda stanza, una testa di vacca giace nella sua piccola pozza di sangue congelato, mentre dall’altro lato della galleria un gorilla ritratto su un olio su tela che sembra una foto si mangia un peperone (Gorilla Eats Green Pepper, 2013). Non è l’unico quadro fotorealista nella mostra: farfalle, fiori e delfini si alternano a immagini di varie dimensioni che ritraggono, in ordine sparso, Damien Hirst mentre abbraccia il figlio Cyrus in una sala d’ospedale, la cattedrale di Notre Dame durante l’incendio del 2019, una foto del figlio appena nato e un’esplosione atomica.
Ai Fact Paintings si alternano le Fact Sculptures: repliche dettagliate di laboratori fisici e spazi di stoccaggio dove vecchi scatoloni sono stati lasciati aperti, impilati, mentre al centro della stanza, Love Dies Fast (2020) è una replica dettagliata di un lavandino dove l’amore sembrerebbe essere scivolato nel tubo di scarico.
DAMIEN HIRST E L’ATTUALITÀ
Remedies Against The Great Infection (2020) e Medi.-Safe (2005) offrono disinfettanti e un kit di pronto soccorso a portata di mano, mentre in Warsaw (2008) troviamo tutto l’occorrente per proteggerci dal contesto “pandemia”, come mascherine, calzature ospedaliere e grembiuli sanitari minuziosamente piegati e riposti su ogni anta. In Don’t Stop me Now (2006) Hirst ci propone scaffali simili ma pieni di psicofarmaci: e ancora l’ossessione per l’ordine e la “pulizia” è espressa da intere ante ricoperte di libri di oncologia e detergenti Persil in cinque confezioni differenti che sembrano arrivare direttamente dall’ala di un supermercato.
Nel caso il messaggio non fosse ancora chiaro, Coke/Diet Coke Vending Machine (2007) è un distributore automatico che vende lattine ‒ le vende davvero, la custode raccomanda di comprarne una per una sterlina, sembrano essere autografate dallo stesso Hirst. Insomma, un retaggio della cultura materiale contemporanea che si sposa con il bisogno dell’artista di raccontare la sua carriera attraverso eventi intimi e fatti salienti di cronaca contemporanea, insieme a una critica ai beni di consumo come necessità, alla seduzione del capitalismo e al concetto di verità sfuggito di mano, abbellito, stringato: l’artista tenta di ricondurci sulla retta via mostrando il fatto come principio guida della società.
HIRST COME CURATORE
Da sempre Hirst ha giocato a vestire gli abiti di curatore. Alla sua Newport Street Gallery, sempre a Londra, End of a Century, allestita da Hirst l’anno scorso, si focalizzava interamente sui primi lavori dell’artista. Nel 2016 curò la mostra di Jeff Koons, ma la sua carriera da curatore autoproclamato risale al 1988, quando organizzo Freeze, una collettiva di colleghi della Goldsmiths, tra i quali spiccavano gli artisti Mat Collishaw e Sarah Lucas.
‒ Silvia Iacovcich
Londra
Damien Hirst – Fact Paintings and Fact Sculptures
GAGOSIAN
6–24 Britannia Street
https://gagosian.com
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati