Sasso, carta, forbice. Una mostra collettiva a Lodi
L’ultima collettiva di Spazio 21 a Lodi, a cura di Maria Chiara Cardini, è una vivace e sofisticata narrazione visiva su come fare prevalere il lato creativo e fantastico. In un mondo in cui il reale tende a sopraffarci.
È una mostra sul gioco, il nonsenso, la casualità poetica e l’ironia della vita quella allestita nello Spazio 21 a Lodi. Comincia con il rito d’iniziazione dello sport, attraversando una tenda ‒ quella di Alessio Barchitta ‒ che simula un piccolo campo da calcio protetto, dove i palloni, rivestiti con piastrelle di recupero, non si possono scoppiare. E si conclude con un corredo funebre per l’oltretomba ‒ appunti sconnessi e senza regole di Gianfranco Baruchello ‒ che immagina tutto ciò che possa servirci per non scordarci mai di ridere, anche durante e dopo la morte.
In mezzo, la prima sosta è dedicata al verbo, in principio, attraverso un alfabeto misterioso, quello del corpo, di Bianca Pucciarelli (in arte Tomaso Binga), che anima le lettere di una poesia verbovisiva che recita e L-O-D-A il vivente. La seconda stazione è dedicata al viaggio attraverso mappe impossibili, plasmate con le mani da Marco Cordero, che dal livello del mare ci conduce fino alle vette dove il viandante ha lasciato un “ometto” di pietre, l’ultima delle quali è in foglia d’oro, omaggio ad altri viandanti di passaggio verso altri viaggi.
GLI ARTISTI E LE OPERE IN MOSTRA A LODI
L’opera di Daniela Novello rivela la caducità dei piccoli spazi, trasformando in piombo e legno, in archeologia del contemporaneo, gli oggetti che ci accompagnano lungo l’esistenza. Al contrario, su carta e filo di ferro, in cerca di leggerezza, volano le creature di Filippo La Vaccara, si stagliano sul tetto dell’ex fonderia e sulle pareti in cemento, facendo esplodere macchie di colore spray: un super-man senza mantello e un germano reale, fuori scala, in cerca di cieli, laghi, natura.
Tornare indietro, per guadagnare l’uscita, significa fare i conti con la tecnologia del passato e del presente. Con uno schermo del 1961 di Nanni Balestrini che genera una poesia con parole a caso, la nostra comincia dicendo: “i capelli tra le labbra contemplo”, ma a un altro dirà un’altra cosa come un oracolo. Altri poemi sono dettati da lettere luminose coperte da un velo posto sopra un flipper del 1972 di William Terra e Corrado Costa. Nel 2021 però l’immersione nello spazio è definita da un codice QR posto da Luca Armigero nella sua installazione di crypto arte, che con un dispositivo svela una realtà differente del reale.
Siamo giunti alla fine, Scarabottolo e Belli rinnovano la tradizione dell’ex voto, per la grazia ricevuta dentro al cuore, alle ossa e dai sensi: occhi, bocche, nasi e mani dappertutto.
L’ultima opera è di Carla Sanguineti, un omaggio alla Luna, all’infanzia, alla Madre su fotografie, specchi, nastri, piume: una bambina, sopraffatta dalle fasi lunari, scopre l’Aleph, la prima lettera del primo alfabeto, il numero che contiene tutti i numeri, il luogo nel quale si trovano tutti i luoghi e da cui ripartire all’infinito.
‒ Mercedes Auteri
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